Gazzetta di Modena

Modena

La sentenza

Uccise moglie e figliastra, niente ergastolo per motivi «umanamente comprensibili»


	Salvatore Montefusco, Gabriela e Renata Trandafir
Salvatore Montefusco, Gabriela e Renata Trandafir

Le motivazioni dei giudici della Corte d’Assise di Modena nella sentenza di condanna a 30 anni di Salvatore Montefusco, che il 13 giugno 2022 uccise Gabriela e Renata Trandafir sparando loro con il fucile: «Spinto dalle nefaste dinamiche familiari»

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MODENA. L’imputato è «arrivato incensurato a 70 anni, non avrebbe mai perpetrato delitti di così rilevante gravità se non spinto dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate». È uno dei passaggi delle motivazioni, scritte nelle 213 pagine di motivazioni della sentenza, con cui i giudici della corte d’Assise di Modena (presieduta dal giudice Ester Russo) spiegano perché non hanno riconosciuto l’ergastolo a Salvatore Montefusco, condannato a 30 anni per aver ucciso la moglie e figlia della donna il 13 giugno 2022, il giorno prima della sentenza di separazione della coppia, sparando loro con il fucile sotto gli occhi dell’altro figlio nella loro casa alla Cavazzona, frazione di Castelfranco.

Il duplice femminicidio e il processo

Le due vittime, Gabriela e Renata Trandafir, vennero assassinate da Montefusco a fucilate. Scrivono ancora i magistrati nel dispositivo, sul profilo dell’assassino: «Alla condizione psicologica di profondo disagio, umiliazione e enorme frustrazione vissuta dall’imputato, a cagione del clima di altissima conflittualità che si era venuto a creare nell’ambito del menage coniugale e della concreta evenienza che lui stesso dovesse abbandonare l’abitazione familiare». Il pm Giuseppe Di Giorgio aveva chiesto l’ergastolo e l’isolamento diurno per tre anni: «Ha agito come in una battuta di caccia», aveva ribadito prima della sentenza della Corte d’Assise, dopo aver ricostruito dettagliatamente l’orrore che quella mattina era andato in scena nell’abitazione.

Il commento dell’avvocata dei parenti delle vittime

Secondo l’avvocata, Barbara Iannuccelli del foro di Bologna, legale di parte civile dei parenti delle vittime, contattata da LaPresse, «è stato un omicidio avvenuto in diretta telefonica, commesso mentre un altro familiare era al telefono con il 112. Con questa sentenza è passato un messaggio terribile. Se un omicidio in famiglia avviene per problemi legati ad una “tempesta emotiva”, si vede dimezzata la pena. Confidiamo nella corte d’Assise d’Appello di Bologna, che riequilibri la pena».