Caro caffè, quanto costi: ormai è arrivato a 1,40 euro
Aumenti in molti locali del centro, qualcuno resiste a 1,30: «Ma il prezzo corretto sarebbe 1,50, spese sempre più alte»
MODENA. Un colazione in centro a Modena, oggi, non sveglia solo i sensi, ma anche il portafoglio. Dopotutto si sa, i rincari delle materie prime hanno colpito duro, e così anche il caffè comincia ad avere un prezzo salato, rendendo il rituale della mattinata lenta corniciata da cornetto e cappuccino al bar sotto casa un lusso da ponderare.
Secondo i dati più recenti riportati dal quotidiano La Repubblica, infatti, il prezzo del caffè Arabica è aumentato del 72%, mentre il Robusta ha visto un balzo del 52%. Il cacao ha registrato un incredibile +132%, mentre il succo d’arancia è salito del 63%. Solo lo zucchero raffinato ha visto una lieve flessione del 16%, che non basta comunque a bilanciare il peso degli aumenti.
Tra i bar del centro il prezzo medio di un caffè oscilla tra 1, 40 e 1, 50 euro, e il cappuccino e le brioche hanno raggiunto facilmente i 2 euro. E così, dietro i loro banconi, i gestori delle caffetterie raccontano la loro battaglia quotidiana.
«Il cacao è alle stelle. Il caffè meno, ma anche lui non scherza – comincia a raccontare Giuliano Pederzini, gestore del bar Farini di via Farini -. L’anno scorso è aumentato due volte e ora, da novembre, lo abbiamo alzato da 1,30 euro a 1,40 euro. Anche se oggi, secondo me, il prezzo giusto è di 1,50 euro. Le paste le abbiamo aumentate anche loro di dieci centesimi, ma il ricavo è lo stesso minimo. Sono prodotti di prima necessità quelli che trattiamo, sì, ma la colazione è uno sfizio. E infatti la fanno sempre in meno. Io faccio il barista da 58 anni – prosegue – e posso dire che negli ultimi 5 anni gli scontrini delle colazioni sono calati almeno del 50%. Il fenomeno dei rincari è reale, ma in questa dinamica c’è in gioco anche un altro fattore: in centro non c’è più nessuno, fatta eccezione per i weekend. I dipendenti stanno tutti in smart working ora e, a parte i turisti, quei pochi lavoratori che sono rimasti non si fermano a prendere il caffè o a fare colazione. Non c’è più la clientela del quartiere, ecco, e anche per questo si fa fatica. Vedremo con mia moglie, da qui a qualche anno, che fare di questa attività, perché questi prezzi non lasciano ben sperare. Io sono pensionato ormai, ma continuerei a fare questo mestiere per sempre. Vedrò se avrò le forze e le risorse».
E davanti a tutto ciò, non ci si può nemmeno consolare con una buona tazza di latte e cioccolato. Anche quella ha iniziato ad essere un po’ troppo esosa. Le ragioni? Eventi climatici come El Niño, che ha causato siccità in Brasile e Vietnam, ma anche fattori geopolitici come i dazi americani imminenti e le nuove regolamentazioni europee sulla deforestazione. Ma oltre a tutta questa catena di montaggio, che cos’altro c’è dietro alla semplice tazzina di caffè che viene servita sul bancone?
«Dietro il caffè c’è una catena di costi lunghissima: elettricità, servizio, pulizia, zucchero, il giornale che spesso noi baristi compriamo e mettiamo a disposizione. Oltre a luce, acqua, gas – elenca Maria Papasodaro, titolare del Chiaro Cafè -. Non sempre ci si pensa, ma tutto fa brodo, e spesso ci si rimette. Al netto di ciò, noi di Chiaro Cafè resistiamo, e teniamo il caffè a 1,30 euro: uno dei più economici in centro. Anche se, lo ammetto, il prezzo più corretto sarebbe di 1,50 euro per una tazza di espresso semplice, senza contare le giunte di latte, che ormai è arrivato a cifre astronomiche».
Anche Andrea Orlando, gestore della caffetteria Balzac, conferma il fenomeno: «Non vogliamo lucrare sull’aumento del caffè, e la clientela, quando si lamenta al bancone per il prezzo, dovrebbe comprenderlo. I baristi si devono adeguare ai prezzi dei fornitori, non possono più di tanto fare di testa propria. Ora noi di Balzac siamo stabili a 1,30 euro, ma a breve temo che dovremo arrivare a 1,40 euro. Per il momento la clientela resiste, continuiamo a servire in media 180 caffè al giorno. È tutto il contorno che fa più fatica, secondo me».
Già, perché se quello dell’espresso continua a essere un rituale irrinunciabile per gli italiani, quello della pasticceria ne risente particolarmente: «Soprattutto per noi che ci dedichiamo tanto ai dolci non sono ottimista – conferma Alessandro Serpico, gestore del Caffè dell’Orologio e di Cathedrali -. C’è stato un grosso aumento nel cacao e nel latte. Per chi fa anche pasticceria, come noi, non è semplice, soprattutto se si vuole mantenere una certa qualità».
Insomma, in questo panorama di rincari non è facile né per chi sta da una parte del bancone, né per chi sta dall’altra. Continua a esserci chi accetta questa condizione e chi si lamenta, scegliendo di fare colazione tra le mura di casa.
E mentre le tazzine tintinnano sui piattini, una dopo l’altra, il conto continua a lievitare. Una piccola amara verità, proprio come un espresso senza zucchero.
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