Cristina Comencini giovedì a Modena: «Il treno dei bambini è una lezione attuale di solidarietà»
Serata evento al cinema Arena per il film Netflix su una pagina di storia emiliana: la regista incontrerà il pubblico prima della proiezione e in videocollegamento da Napoli interverrà Viola Ardone
MODENA. Preparatevi ad una serata ricca di emozioni. Giovedì 20 marzo, alle 18.45, le porte del cinema Arena di via Tassoni 8 a Modena si apriranno gratuitamente alla cittadinanza per un evento speciale: la proiezione sul grande schermo del film “Il treno dei bambini” alla presenza della regista Cristina Comencini che, prima dello spettacolo, salirà sul palco per incontrare il pubblico modenese. Accanto a lei Remo Bagnoli e Maura Bartoli, figli di due delle tantissime famiglie modenesi che nel secondo dopoguerra ospitarono migliaia di bambini del Sud proprio nella nostra città, vittime delle conseguenze belliche e arrivati in città su quelli che sono poi passati alla storia come i “Treni della felicità”. Ad impreziosire ancor di più la serata sarà la presenza in videocollegamento dal cinema Metropolitan di Napoli di Viola Ardone, dal cui bestseller è tratto il film della Comencini per un dialogo che riunisce, in una sera, le due città protagoniste del libro e del film Netflix prodotto da Palomar. Ispirati a molte, reali, storie di solidarietà, il libro e il film sono un viaggio tra la miseria, l’ignoranza, il pregiudizio, ma anche una racconto di generosità e di desiderio di rinascita dell’Italia del dopoguerra, vista con gli occhi di un bambino napoletano (Amerigo) che si ritrova diviso tra due madri e con quelli del musicista che è poi diventato. Un viaggio epico, organizzato dall’Unione Donne Italiane, che narra un’Italia impegnata nello slancio solidale.
Maestra Comencini, come è arrivata l’idea di fare un film su questa particolare storia dell’Italia del dopoguerra?
«C’è stata la lettura del libro di Ardone che mi ha immediatamente colpito per lo sguardo del bambino protagonista, la cui voce narra tutta la vicenda. Ho pensato subito ad una resa cinematografica anche per l’intensità e la particolarità della storia, peraltro praticamente mai raccontata sul grande schermo, che si svolgeva proprio in quel periodo storico che invece è stato, per tanti aspetti, raccontato nel periodo del grande cinema Italiano. Questa storia era particolare, con sfumature e intimità sorprendenti, con anche un risvolto psicologico interessante: quello della solidarietà tra mamme. Il libro di Ardone ha rivelato a molti una storia dimenticata del nostro dopoguerra. Decine di migliaia di bambini poverissimi di Napoli, ma anche di altre città del centro sud, furono accolti da famiglie contadine emiliane. Prima di partire con la realizzazione del film abbiamo condotto un sondaggio sia a Modena che a Napoli, e abbiamo capito che davvero pochi erano a conoscenza di cosa era successo a quei bambini, se non coloro che appartenevano a famiglie che l’avevano vissuta in prima persona».
Oltre al libro, chi vi ha aiutato nella ricostruzione storica della vicenda?
«Un grande aiuto ci è stato fornito dai fondi depositati presso l’Istituto storico di Modena, principale fonte di ricostruzione della vicenda. Abbiamo così scoperto che il 21 gennaio 1946, alle ore 10,15 entrava in stazione a Modena il primo convoglio con i bambini provenienti da Roma. Verso mezzogiorno il convoglio veniva diviso in due, 424 bambini sono portati a Mirandola e 742 proseguono verso Carpi. Ad accoglierli a Carpi c’è una folla immensa, tra loro il sindaco di Carpi Bruno Losi e quello di Modena Alfeo Corassori a cui si deve la denominazione “Treni della felicità”. Tra il 1945 e il 1947, si stima siano arrivati nella provincia modenese circa 5.000 bambine e bambini. Noi abbiamo scelto di mettere il focus sulla storia di Amerigo, un bambino che poi diverrà musicista. Ma tantissime sono le storie che si sono intrecciate in quello che è stato un esempio di immensa solidarietà tra poveri, che nell’Italia ancora disunita mostra la voglia di unirsi, sotto la Costituzione che proprio in quegli anni stava per essere scritta».
Lei crede che in questa storia vi si possa trovare un messaggio ancora oggi attuale?
«Assolutamente sì. L'attualità riguarda la solidarietà che ancora oggi possiamo trovare tra le persone. Una solidarietà che, in quei tempi, si era sviluppata tra persone povere nel nome della ricerca di una identità unica del nostro Paese. È vero che oggi siamo nell’epoca dove l’individualismo spicca e questa storia di solidarietà può sembrare molto lontana da noi, ma io invece comincio a percepire che ci sia di nuovo, tra le persone, la voglia di una nuova identità comune, per esempio quella europea. Quello che fanno le due madri coprotagonista della vicenda è, con modalità diverse, un atto assolutamente politico che suggella l'idea di unione ed ha l’obiettivo di portare quei bambini a stare meglio. Il tema delle due madri, tutte e due imperfette, mi pare inoltre di grande importanza oggi che per la prima volta riflettiamo in modo nuovo sulla natura dell’amore materno».
Il film è anche un importante contributo alla memoria storica.
«Credo nell’importanza assoluta della memoria storica, anche quella che racconta storie molto singolari e intime come questa. La memoria è fondamentale perché ci definisce a patto che si costruiscano legami con l’attualità, mettendo bene in evidenza sia i valori che i disvalori di quanto accaduto per non ripetere gli stessi errori. Il valore del mio film credo sia anche questo: raccontare una storia di allora che però risuona oggi, attraverso la solidarietà femminile».
Molte parti del film sono state girate nel nostro territorio.
«Sì, molte scene le abbiamo girate a Guastalla ma ci sono anche luoghi di Modena che saranno ben riconoscibili».