Gazzetta di Modena

Il volume

Francesco Guccini, frammenti di vita nel nuovo libro “Così eravamo”

di Cristiana Minelli
Francesco Guccini, frammenti di vita nel nuovo libro “Così eravamo”

La Modena degli anni Cinquanta riemerge tra le storie della giovinezza del cantautore e scrittore

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MODENA. La giovinezza è un adorabile mistero. Quella di chiunque. Dei poeti, dei cantautori, degli scrittori. E anche quella degli eroi, «tutti giovani e belli». E diventa meno impenetrabile, quasi più intrigante e perfino più cara, solo dopo che è trascorsa. Quando il tempo ha impresso un distacco e l’ha definita. «Così eravamo. Giornalisti, orchestrali, ragazze allegre e altri persi per strada» (pp. 192, € 18,00, Giunti editore) è l’ultimo titolo messo a scaffale da Francesco Guccini. E se uno pensa che la giovinezza sia una stagione breve, fuggevole, irripetibile e unica, ha ragione. Ma non è detto che non possa essere resuscitata, se chi ha una voce, in questo caso un cantautore simbolo dello stesso cantautorato, si inventa un nuovo strumento per cantarla. E lui, Francesco Guccini, dopo aver scavallato le ottanta primavere, l’ha messa fra le righe, la sua giovinezza, in un romanzo di formazione costruito come si costruisce una canzone. Quasi una strofa alla volta. Un tessuto letterario che si dipana in cinque racconti, «la Spoon River in prosa di una intera giovinezza».

I racconti nel nuovo libro

Si comincia con un episodio di feroce disincanto. La notizia di un compagno di classe precocemente strappato alla vita, che piomba, improvvisa, nella routine di uno studente delle medie. A Colombini, poi svanito come un soffione al vento, mancherà tutto quello che, per gli altri, è venuto dopo: gli amori giovanili, la televisione, l’omicidio di Kennedy, l’uomo sulla Luna, i Beatles, il Vietnam, la libertà sessuale... E sembra di essere lì. A passo spedito lungo via Ciro Menotti, verso la via Emilia. Dove c’era (perché non c’è più) il ponte della Pradella. Cartoline dal passato che arrivano così. Con, sottotraccia, tanti saluti e baci, misti a un po’ di nostalgia. Che si insinua anche dietro al sipario dello Storchi, teatro di «Marionette, spettacoli teatrali per famiglie e commedie moderne». Sembra di essere lì, a far la gavetta in un giornale di provincia, dove sigarette, telefoni sbattuti sulla forcella e macchine da scrivere si sprecano. Dove si è andati per curiosità, per vocazione e anche un po’ per fame. Ritrovandosi faccia a faccia con la vita, che non sempre è gentile. E fa perder la corriera. Ricordi che si confondono e riaffiorano: puntate, che gravitano, anche un po’ grottesche, attorno a un’orbita notturna che parte dalla stazione dei treni e arriva fino a uno sfrenato, farsesco, carnevale erotico geminiano. E poi serate nelle balere, giri che tengono il ritmo di un’orchestra, che smette solo con le prime luci del giorno. Tavole spoglie, oppure imbandite da «maccheroni al pettine con ragù in bianco e ravioli di ricotta conditi al burro e pancetta croccante» e, ovviamente, gnocco fritto. Ci si infila anche un po’ nei panni dei personaggi: in «un gilet blu scuro con ghirigori argentei sopra una camicia di un intenso giallo canarino» in «locali pieni di fumo, di puzza di sudore e di profumo scadente». La Storia, quella con la S maiuscola, sta lì, non a fare da sfondo, ma a continuare il racconto, in controcanto. Perché l’autore a un certo punto è (anche) un giovane sottotenente, in gita, la domenica, con due capitani impegnati nella simulazione di un rifugio antiatomico. Dove i soldati: «Portavano un’idea, una fantasia, una supposizione, un simbolo della vita militare d’allora» in bilico fra «l’ottusità dei regolamenti e la dura realtà della vita per come essa, altrettanto duramente, si realizzava». Cronache di giorni che han preso la via del crepuscolo senza clamore, i cui i protagonisti non sono illustri, ma che, con la complicità di un oggetto qualunque, come un portacenere rosso – gadget di una famosa bibita pop, che il giovane sottotenente Guccini aveva ricevuto in dono da una ragazza veneta – raccontano un’epoca che non c’è più. Ri-disegnano i contorni di una vita vissuta fra guerra e dopoguerra, fra l’Appennino e Modena, città natale dell’autore, nel terzo millennio sempre più consapevole, attraverso la finzione dei suoi racconti, di aver vissuto una stagione felice.

La biografia di Francesco Guccini

Francesco Guccini è nato a Modena nel 1940 e vive a Pàvana, sull’Appennino Tosco-Emiliano. Cantautore, poeta e scrittore, è un mito per generazioni di italiani. Per vent’anni, fino alla metà degli anni Ottanta, ha insegnato lingua italiana al Dickinson College di Bologna, scuola off-campus dell’Università della Pennsylvania. Ha esordito nella narrativa nel 1989 con «Cròniche Epafániche» per pubblicare poi «Vacca d’un cane» (1993), «Cittanòva blues» (2003), «Tralummescuro» (2019, premio Selezione Campiello), «Tre cene» (2022) che insieme sono i pannelli di un’autobiografia e un vasto omaggio letterario ai luoghi delle radici. Ha scritto anche molti altri racconti e romanzi, che hanno avuto uno straordinario successo. Con Loriano Macchiavelli ha pubblicato diversi gialli, da «Macaronì» (1997) a «Vola Golondrina» (2023), che hanno appassionato i lettori. Per Bompiani nel 2018 è uscito il volume delle Canzoni con il commento filologico di Gabriella Fenocchio.

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