Gazzetta di Modena

L'intervista

Stefano Massini stasera a Modena con Corrado Formigli: «Il mondo è un Titanic a un passo dal tragico naufragio»

di Maria Vittoria Scaglioni
Stefano Massini stasera a Modena con Corrado Formigli: «Il mondo è un Titanic a un passo dal tragico naufragio»

Alle 21,30 in piazza Roma lo spettacolo in cui saranno narrate storie di vite sconvolte dalla crisi ambientale

16 luglio 2024
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MODENA. Quando il Titanic affondò, alle prime luci dell’alba del 15 aprile 1912, l’orchestrina stava ancora suonando. Si cercava di mantenere alto l’umore mentre si consumava la strage, dato che le scialuppe di salvataggio erano a malapena sufficienti per i membri delle prime classi. Stefano Massini e Corrado Formigli prenderanno le mosse dal naufragio del transatlantico per portare in scena “Titanic - ovvero il pianeta affonda ma l’orchestrina continua a suonare”, questa sera in Piazza Roma alle ore 21,30 nell’ambito della rassegna “Notti ducali”, in cui narreranno storie di vite sconvolte dalla crisi ambientale. La vicenda del Titanic sarà infatti solo un pretesto per parlare del nostro naufragio, quello del cambiamento climatico; una similitudine che si estende anche al tragico bilancio delle vittime, dato che è ancora chi vive in condizioni di povertà a pagare il prezzo più alto. Stefano Massini, drammaturgo e attore che da anni ogni giovedì a Piazzapulita ci ha abituato a monologhi militanti, veri e propri ritratti di umani diversi, approfondisce in particolare l’aspetto narrativo dello spettacolo e ci ricorda che se quella notte del 1912 l’arte fu una distrazione, questa sera sarà un modo per riportare il problema al centro.

Lei e Corrado Formigli siete professionisti in campi molto diversi. Che ruoli assumerete sul palco?

«Io chiaramente nello spettacolo parlo il mio linguaggio, che è quello del racconto, mentre Corrado parla il suo, quello delle interviste e del giornalismo. Sarebbe stato folle chiedergli di essere qualcosa che non è. Lui fa un altro mestiere e la cosa interessante è proprio l’unione tra i due mondi, arricchito dalle possibilità di invenzione che il teatro ci dà. L’idea delle interviste impossibili, alla maniera di Italo Calvino, è uno dei risultati di quest’incontro».

Com’è nata l’idea delle interviste impossibili?

«Corrado fa ciò che lo distingue da sempre, ma il fatto di essere su un palco ci ha permesso di aggiungere un tocco di fantasia e di astrazione: da qui l’idea delle interviste impossibili. Lui ha sempre desiderato porre grandi quesiti a personaggi defunti, anche e soprattutto ai più controversi, come Adolf Hitler, che però non intervisteremo. Con il gioco del teatro porteremo in scena Rockefeller, che nell’ottocento fu il fondatore del mito del petrolio, da allora detto “oro nero”; o ancora, immagineremo di porre qualche domanda all’ultimo uomo rimasto sulla terra nel momento in cui l’umanità si estinguerà».

Quindi lo spettacolo avrà un taglio non solo giornalistico, ma anche narrativo?

« Ci sono tante storie, tanti personaggi e trame diverse che si intrecciano. L’obiettivo è far conoscere i disastri ambientali, che spesso sono racconti ignorati o dimenticati, come abbiamo osservato già dalle prime repliche, dopo le quali il pubblico si dimostrava sconvolto. Io di volta in volta assumerò l’identità dei vari intervistati e di altri personaggi, mentre il mio collega resterà sempre se stesso, sempre giornalista».

Il tema ambientale è trattato efficacemente dai media o c’è un vuoto che il teatro può colmare?

«Noi trattiamo lo stesso argomento degli attivisti del clima, ma con un mezzo e modi completamente diversi: loro hanno fatto qualcosa di utile perché sono riusciti a mettere al centro drammaticamente un tema che è sempre meno percepito come urgente. Non ho mai pensato di rendere questo spettacolo un proclama, semplicemente vorrei portare alla luce il problema, augurandomi che le persone si pongano una serie di domande. Fino ad oggi ci sono state altre priorità e si è parlato di guerra, di pandemia, o anche delle singole catastrofi climatiche, senza che però venissero percepite con la stessa gravità e dunque senza affrontare il cuore della questione».

Perché tra i tanti disastri ambientali avete scelto proprio l’affondamento del Titanic?

«Proprio all’inizio dello spettacolo ci sarà un racconto sul Titanic e sul perché abbiamo deciso di usarne il nome per il titolo. Ormai noto ai più come soggetto cinematografico hollywoodiano, in realtà il Titanic è stato un elemento fondamentale nella storia dell’umanità anche dal punto di vista climatico, perché veniva percepito come la dimostrazione che l’uomo finalmente controllava il pianeta. L’oceano diventava un corridoio di mare che avremmo potuto solcare facilmente, velocemente e col massimo del lusso. L’affondamento sembrò una rivincita della natura, che bloccava le nostre mire espansionistiche».

Ma l’orchestrina continuò a suonare…

«L’orchestra continuò a suonare perché si doveva coprire il rumore dei boati e delle grida. Si diede ordine di andare avanti fino alla fine per far finta di non sentire e rendere il più possibile agevole lo sfollamento, che poi era una mattanza. Anche noi, oggi, cerchiamo di non far caso al fragore del mondo che crolla».l