A Riolunato l’arpa di Domené «uno strumento potente che può toccare l’anima»
Il musicista spagnolo così spiega la sua passione: "Ha l'anima di una chitarra e la quantità di suono di un piano"
RIOLUNATO. «L’anima di una chitarra, la quantità di suono di un piano»: José Antonio Domené descrive così lo strumento a cui ha votato la carriera: l’arpa. L’arpista spagnolo si esibirà domani alla chiesa dell’Emigrante a Groppo. Con il modenese Davide Burani interpreterà, dalle 17, i brani delle “Arie di Spagna” o “Aires de España” nella versione originale. Il concerto gratuito è organizzato dall’Accademia Lo Scoltenna col Comune e l’associazione Cantieri d’Arte.
Come nasce la passione per l’arpa?
«La mia famiglia avrebbe voluto che suonassi il violino. Appena mi hanno portato in conservatorio ho visto però l’arpa e mi sono innamorato. Ricordo che l’ho cercata in un negozio di Murcia, la città dove sono nato. Mi avevano detto che non c’era e che era uno strumento costoso. E mia madre aggiunse che eravamo ancora in tempo per cambiare lo strumento. Ma non fu così».
Che sensazione genera in lei suonare l’arpa?
«È uno strumento che trasmette il suono dalle proprie dita. È molto più personale del violino dove c’è l’arco o del pianoforte in cui c’è la meccanica. Il suono sale da te, ogni singolo dito fa una pressione diversa. È molto personale».
Come è nata la collaborazione con Burani?
«La prima volta che ci siamo visti studiavo al College of Music e Davide guardava una masterclass in cui suonavo. A Bologna ho fatto un’audizione e ho chiesto a un’amica se conoscesse un arpista. Lei mi ha consigliato di chiamare Davide e così siamo diventati amici. Ha iniziato a collaborare con me, lo chiamo anche a Palma di Maiorca».
Veniamo così alle Arie di Spagna. Che musica attende il pubblico?
«Un repertorio di musica spagnola trascritta per duo di arpe. Avremo anche una versione della Carmen. Le persone normalmente non conoscono molto l’arpa e non sanno cosa attendersi. Ma quando la sentono ne sono sconvolti. L’arpa ha l’anima della chitarra e la quantità di suono di un piano. Ma è un grande sconosciuto tra gli strumenti».
Così non è per lei con l’Italia. Cosa prova quando visita il nostro Paese?
«Sono innamoratissimo dell’Italia. Quando cammino per città come Modena, Roma e Napoli impazzisco. Mi piace tutto. L’arte da voi non è soltanto nell’arte, ma anche nella gente, nella lingua, nel cibo. La prima volta a Modena sono venuto da bambino con la mia famiglia. Ricordo in particolare il duomo, che vorrei tanto rivedere. A Modena mi sento come a casa mia».
Nell’era dei social c’è ancora spazio per i concerti?
«È sempre meglio sentire la musica dal vivo. Lo stesso vale per il teatro. Vedi l’emozione di una persona che mette tutta la sua energia, che ti trasmette emozioni. La musica non dal vivo è premeditata, nasce da una selezione. Nei concerti ci sono parti che magari non riescono perfettamente, ma c’è la verità del momento. Le grandi piattaforme in rete portano la musica in posti che sembravano impossibili, ma la musica dal vivo è sempre la migliore». —