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L’intervista doppia

Bertoli e Vullo: «Il futuro di Modena Volley? Servono scelte chiare»

di Lara Lugli

	Franco Bertoli e Fabio Vullo
Franco Bertoli e Fabio Vullo

Due atleti che hanno costruito la storia della pallavolo modenese, Franco Bertoli e Fabio Vullo, indicano una strada: scelte chiare per dare un “domani” al volley gialloblù, dopo una stagione a dir poco opaca

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MODENA. Sotto la Ghirlandina è giunto il tempo dei bilanci di una stagione tra successi e inciampi, abbiamo affidato un commento a chi di pallavolo ne mastica da sempre e continua a banchettare con essa ogni giorno. Franco Bertoli, ex giocatore, allenatore e dirigente nella società modenese, continua a tenere puntato il suo occhio affettuoso, ma anche critico sulla società gialloblù. Frequentatore assiduo del PalaPanini ha un’opinione onesta sul percorso mosso da Modena Volley e su quello che potrebbe essere il suo futuro, tra progetti e colpi di mercato.

Come lui, anche Fabio Vullo, palleggiatore dal talento visionario e mente critica del volley italiano, offre la sua lettura della stagione appena conclusa. La sua riflessione tocca scelte tecniche, struttura societaria e prospettive future, perché, per tornare grandi, serve più di qualche vittoria: serve visione, identità, coraggio.

L’INTERVISTA A BERTOLI

Bertoli, come valuta la stagione appena conclusa di Modena Volley?

«La stagione è appena sufficiente. Modena non era allo stesso livello di Perugia e Trento, ma forse qualcosa in più in classifica rispetto a Verona poteva farla. Ho visto belle partite, anche ottime prestazioni contro squadre forti come Piacenza o Trento. Però sono mancati continuità e rendimento costante: è questo che ha condizionato l’annata, anche nei playoff. Poi i cali di prestazione che ci sono stati hanno fatto sì che dovesse incontrare la seconda della classe, un turno obiettivamente difficilissimo con Perugia». 

È riduttivo spiegare i risultati con gli infortuni o è mancato altro? 

«Gli infortuni non sono stati il vero problema. La squadra aveva una panchina discreta e nei ruoli chiave ha sempre potuto contare sui titolari. Il nodo, secondo me, è stata la gestione della formazione, soprattutto sugli schiacciatori. Giuliani ha dovuto fare delle scelte difficili, ma la rosa era abbastanza competitiva per puntare al quarto o quinto posto. È mancata la costanza di rendimento nei momenti decisivi che sarebbe servita a far fare un bel salto avanti e magari anche nei playoff avrebbero potuto passare un turno, contro Perugia non vedo colpe».

Modena sta davvero puntando sui giovani, Rinaldi e Gutierrez erano investimenti importanti, ma sono stati lasciati andare troppo presto. Riesce ad intravedere un progetto? 

«A oggi, sinceramente no. Ci sono stati cambi di proprietà, un po’ un passamano di responsabilità, e ora si attendono decisioni chiare, forse rispetto a Gabana ci saranno altri modi di agire. Non è facile decidere su chi puntare dopo una stagione così, se ci sono carte nascoste, si vedrà. Ma per ora non si vede un disegno preciso. Su Rinaldi è vero, era un giovane promettente, anche convocato in Nazionale. Negli ultimi tempi però ha avuto un calo, forse fisico, e in campo ha fatto fatica, soprattutto in ricezione. È un peccato perderlo, perché le potenzialità le ha, e se Modena avesse ancora un’opzione su di lui, lo terrei d’occhio per un possibile ritorno. In generale sì, c'è l'impressione che i giovani vengano cambiati prima che possano davvero sbocciare».

Con l’arrivo di Porro, sembra che si voglia continuare su quella strada, cosa pensa di chi sta al vertice?

«Le squadre sono fatte dalla testa del pesce: la società. Io ci ho lavorato in tanti ruoli, prima da giocatore, poi da allenatore e in ultimo da direttore generale, so che l’identità di un club la costruisce prima di tutto la dirigenza. È la società che sceglie l’allenatore e, con lui, i giocatori. Vorrei vedere la proprietà più vicina al pubblico, più amata. Anche la presidente – Giulia Gabana, insieme ai fratelli Christian e Michele Storci, o chi ha ruoli decisionali – dovrebbe esporsi di più, anche per difendersi da critiche che a volte sono ingiuste. Servirebbe equilibrio, continuità e un progetto chiaro. Oggi, da fuori, tutto questo ancora non si vede. Magari domani tireranno fuori l'asso dalla manica, chi lo sa, speriamo!». 

L’INTERVISTA A VULLO

Vullo, come valuta la stagione appena conclusa di Modena Volley?

«Sono dispiaciuto. Vorrei davvero rivedere Modena ai livelli che merita, che la città merita e che la pallavolo modenese merita. Ma mi rendo conto che non è semplice. È un momento complicato, in cui tutto sembra più difficile del normale. Modena mi ha dato tantissimo, ci ho passato tanti anni importanti della mia vita e proprio per questo vorrei vederla diversa, più serena, più equilibrata, anche nell’ambiente stesso».

È riduttivo spiegare i risultati con gli infortuni o è mancato altro? 

«Gli infortuni fanno parte del gioco, è chiaro che se non capitano è meglio, soprattutto quando l’organico non è larghissimo. Ma non si può dire che i risultati siano figli solo della sfortuna. Secondo me il vero nodo è la mancanza di una progettualità vera. E questo non vale solo per questa stagione. Negli ultimi dieci anni, Modena ha iniziato a rincorrere gli eventi invece di anticiparli e quando corri dietro alle cose, arrivi sempre tardi. Si è investito tanto, anche economicamente, ma si è raccolto poco e il motivo è che non si è costruito un futuro. Non si è avuto il coraggio, la determinazione di fare scelte precise e portarle avanti anche quando sembravano impopolari».

Modena sta davvero puntando sui giovani, oppure è solo un'illusione? I casi Rinaldi e Gutierrez fanno pensare a un progetto interrotto troppo presto? 

«Esattamente. Dieci anni fa si era fatta una scelta: lasciarsi alle spalle il ciclo dei grandi campioni e puntare su una nuova generazione. C’erano anche giovani molto interessanti, da Paolo Porro a La Via, per fare solo due nomi. Ma non si è avuta la forza — o forse il coraggio — di portarli avanti, di coltivarli. E adesso si ripete lo schema: Gutierrez e Rinaldi erano investimenti importanti, ma sono in partenza. Un tempo, Modena era capace di rinnovarsi rimanendo sempre al vertice, anticipando i tempi. Oggi sembra rincorre, prova a rimediare, ma senza visione. Serve scegliere davvero, a costo di sembrare impopolari senza questo coraggio si subiscono solo le conseguenze. Perché solo chi fa scelte può sbagliare, ma almeno costruisce qualcosa. Quando si resta fermi, si perde comunque. Modena negli ultimi anni non ci è riuscita e forse il rammarico sta proprio lì. Perché per tornare grandi, non bastano i nomi, serve un disegno, una traiettoria, una direzione condivisa, oggi sembra che sia persa questa capacità».

Qual è la sua opinione su chi guida oggi la società?

«È difficile dare giudizi da fuori, perché spesso non sappiamo cosa succede davvero all’interno. Quando è arrivata Gabana sembrava che tutti i problemi venissero dalla gestione precedente. Poi però i problemi sono rimasti, anche se le persone al vertice sono cambiate. Questo vuol dire che il nodo non è solo "chi", ma "come". È una questione di gestione, di strategia. Modena non è una piazza qualsiasi. È una città che vive di pallavolo. La società ha cercato di cambiare approccio, di modernizzare la gestione, ma ha finito per allontanarsi da ciò che rende unica Modena. Qui tutti si sentono un po’ allenatori, dirigenti, persino giocatori. Ma è anche il bello di questa piazza. È un valore, non un ostacolo. Ci vuole imprenditorialità, certo, ma anche capacità di ascoltare, di coinvolgere. Non si può fare pallavolo a Modena come se si fosse altrove», conclude con queste parole l’ex gialloblù Fabio Vullo. l