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La finalista di Wimbledon Jasmine Paolini e il rapporto con la modenese Antonella Serra Zanetti: «Testa e carattere sono il suo segreto»

di Davide Berti
La finalista di Wimbledon Jasmine Paolini e il rapporto con la modenese Antonella Serra Zanetti: «Testa e carattere sono il suo segreto»

L'ex numero 60 del mondo era la responsabile del centro tecnico federale di Tirrenia: «Aveva 15 anni ed era alla sua prima esperienza azzurra: già si vedevano le sue doti»

15 luglio 2024
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MODENA. C’è chi, Jasmine Paolini, se la ricorda prima dell’inizio della sua avventura internazionale. Antonella Serra Zanetti, ex numero 60 del mondo in singolo e 47 in doppio nei primi anni 2000 e ora direttore tecnico del prestigioso Circolo Tennis Bologna, era la responsabile del centro tecnico federale di Tirrenia quando Paolini si avvicinò alla maglia azzurra. Era il 2011: «Paolini aveva 15 anni, arrivava dal suo circolo toscano e insieme facemmo la prima trasferta con la federazione. Era il debutto per entrambe».

Dove?
«Otto nazionali avversarie, una Nation Cup, all’accademia di Emilio Sanchez a Barcellona. Giocò bene e io scrissi la mia relazione su di lei. Ci siamo conosciute così».

Cosa scrisse?
«L’ho riletta qualche giorno fa. Ho proprio la sua immagine di quei giorni davanti agli occhi: una ragazza instancabile di buone qualità con un grande carattere e una determinazione invidiabile».

L’ha seguita anche in campo?
«Dirigevo il centro e quindi avevo meno occasione di dare continuità al lavoro tutti i giorni sul campo. Più di me ci lavorava tutti i giorni Daniele Ceraudo».

Che cosa notava in lei?
«Una velocità di palla molto simile a quella di sue colleghe straniere senza però aver mai giocato fuori dall’Italia e nemmeno in un torneo Itf fino a quel momento».

Quando è migliorata?
«Lo fa da sempre, crescendo in classifica anno dopo anno, e questa è una sua grande caratteristica. Ha fatto dell’impegno, dell’allenamento e della mentalità una costante. Sul campo non mollava mai neanche da piccola, era sempre la prima ad arrivare, anche quando c’era da correre alle 6.30».

Cosa ha fatto la differenza nel raggiungere questi traguardi?
«Le qualità mentali. Magari della sua generazione ci poteva essere anche chi, all’inizio, aveva una dotazione tecnica maggiore, ma lei vinceva comunque perché la differenza la faceva con la testa. Ricordo ancora la sua settimana ai campionati italiani under 16: scrissi un’altra relazione, lei era già migliorata tantissimo in sette mesi. La crescita tecnica è arrivata. Oggi c’è il suo staff con Renzo Furlan, che ha saputo leggerla, e così eccola qua».

La prendevano in giro per la sua altezza…
«Non penso che debba lottare con la sua altezza come dice qualcuno. Guardate il suo servizio alla slow motion: colpisce alto, salta, serve una prima più incisiva di altre sue colleghe più alte. Anche la seconda di servizio non è così lenta».

La dote migliore di Paolini?
«Si muove benissimo, veloce ed esplosiva. Ricordo che giocava con i piedi sulla linea e tirava fortissimo tutto piatto, con la fretta di chiudere. Al contrario delle altre italiane, più attendiste, era aggressiva e questa era un’anomalia positiva per qualità ed efficacia di impostazione. Il suo diritto è difficilissimo, braccio disteso, impatta la palla molto lontana, una Del Potro al femminile. Si fa fatica a vedere nel circuito un colpo del genere. In più la fretta è diventata positiva, cioè la capacità di accelerare al momento giusto».

Fin dove può arrivare?
«Swiatek sulla terra e forse anche sul veloce è al momento ingiocabile. Con una Sabalenka in giornata si fa fatica. Ma lei può entrare in campo consapevole di poter battere chiunque. Ha una continuità incredibile e penso che aver giocato anche il doppio ad altissimo livello l’abbia aiutata in questa consapevolezza. Giocare accanto a Sara Errani le ha permesso di confrontarsi e vincere con le grandi e di ricevere preziosi consigli».

A che punto è oggi il tennis?
«In un momento di grande cambiamento. L’Italia cresce, anche al femminile: Bronzetti, Trevisan e Cocciaretto sono una certezza. Il maschile è in un momento incredibile».

Rispetto ai suoi tempi cosa è cambiato?
«Si vede meno la differenza tra le prime della classe e le altre: le prime sono un po’ calate e dietro il livello medio si è alzato. Merito anche del cambio di preparazione, dove l’aspetto mentale viene messo in primo piano con una persona dedicata nello staff. La testa e l’intelligenza fanno sempre la differenza».