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L’emozione di Lloy Ball «Modena, mi sento a casa»

L’emozione di Lloy Ball «Modena, mi sento a casa»

Volley. Il fuoriclasse statunitense è tornato in città 13 anni dopo lo scudetto «Vi ricordate Iakovlev? Quando il russo era caldo io davo la palla a Roman»

12 giugno 2015
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In forma perfetta, pronto a scendere subito in campo, se ce ne fosse la necessità, soprattutto, però, emozionato: Lloy James Ball, uno dei più grandi e più vincenti registi dell’era moderna è tornato a Modena 12 anni dopo aver concluso la sua storia in maglia gialloblù, 13 dopo aver conquistato lo scudetto, l’ultimo della città del volley.

«Sono felice come un bimbo, anche perché è la prima volta che torno qui dopo tanto tempo ed è difficile spiegare quanto tenessi a rivedere tutta la gente che è venuta a salutarmi, mi hanno fatto un regalo bellissimo».

Merito di Claudia Roncaglia, una passione infinita per la pallavolo, che alla notizia del ritorno di Lloy gli ha organizzato un “benvenuto” speciale.

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«Sono stati tutti fantastici, non ricordo di aver mangiato così bene in tutta la mia vita: prosciutto, tigelle, ma quante erano? Ragazzi, mi sento cinque chili in più».

Una cinquantina i tifosi che sono tornati per una sera più giovani e che hanno voluto fare una sorpresa al palleggiatore USA “campione di tutto”. Per lui un regalo speciale, cappellino e maglia della Ferrari.

«Speravo che non mi avessero dimenticato e questa accoglienza straordinaria me la porterò per sempre nel cuore».

A riportarlo in Italia è stata l’idea di una vacanza da vivere “senza pallavolo”, da vivere con la moglie Sarah e una coppia di amici.

«I ragazzi, Dyer e Mya, li abbiamo lasciati a casa. Siamo stati a Roma, poi a Firenze, quindi Modena. Prima di tornarcene negli States andremo a visitare Santorini».

A Modena impossibile non parlare di volley.

«Due anni fantastici, il primo straordinario perché abbiamo vinto lo scudetto».

Lo dice con orgoglio, quasi fosse stato l’unico in carriera, lui che invece dove è andato ha sempre vinto, in Giappone, al Torai Arrows, in Grecia, all’Iraklis Salonicco, in Russia, con quella macchina schiacciasassi che è stata lo Zenit Kazan.

«Vincere a Modena è però un’altra cosa, perché questa città è la pallavolo allo stato puro e sa apprezzarti come non accade da nessun’altra parte al mondo. Lo scudetto me lo ricordo come fosse oggi. Quella partita interminabile in casa contro la Sisley, quel tie break finito con un attacco out di Fomin, 20-18, credo, la gente impazzita che ci trasmetteva la felicità per quello che avevamo fatto, meraviglioso».

Quella era Casa Modena, una grande squadra, divenuta Kerakoll la stagione successiva.

«Un palleggiatore come me senza una grande squadra non può vincere niente da solo, io mi ritengo una persona e un giocatore fortunato perché io giocavo con compagni che erano veri fenomeni. Prendete Luca, il Giangio, Bovo il Gardo, e poi c’era il russo».

Che tradotto per i meno giovani risponde al nome di Iakovlev.

«Io ho giocato con opposti fortissimi, ma come Roman mai. Il Roman di quelle due stagioni è stato il più forte di tutti. Sì, anche di Stanley».

Non un complimento da poco se pensiamo che Lloy Ball in diagonale a Stanley ha vinto l’Olimpiade 2008.

«Clayton non era andato malissimo a Pechino (e poi sorride ...), quando abbiamo vinto i Giochi contro il Brasile, ma io ricordo sempre Iakovlev di quegli anni: a Stanley davi la palla alta e poi ci pensava lui, Roman ne voleva una più veloce e ci metteva la sua bravura, cioè un braccio pesante e velocissimo».

In proposito sono passati alla storia alcuni dialoghi tra Lloy e coach Lorenzetti.

«Mi ricordo, io iniziavo la partita, poi guardavo come era Roman, se lo vedevo nel match dicevo al coach “Quando russo caldo, mister, io palla do al russo...”. Sì, credo che io e lui siamo stati una gran bella diagonale».

Tra tanti ricordi splendidi anche un piccolo rimpianto.

«Il secondo anno avremmo potuto portare a casa lo scudetto ancora, eravamo fortissimi, avevamo vinto la prima partita, poi ne abbiamo perse due al tie break a Treviso che avevamo nelle nostre mani».

Con Modena anche una finale di Champions League.

«Era la mia prima finale di Champions, non la giocai benissimo, eravamo a Milano contro il Belgorod, c’era tutta Modena a tifare per noi, ma vinsero loro perché erano in quel momento più forti e noi eravamo senza Giani che si era fatto male pochi giorni prima della finale».

Quest’anno Modena è tornata a vincere e ha aggiunto la Coppa Italia alla sua bacheca.

«Sono contentissimo, ve lo dico oggi: sono sicuro che il prossimo sarà l’anno dello scudetto di Modena».

Una battuta su Bruninho.

«È bravo ma non potremmo giocare insieme: un americano e un brasiliano non giocano mai nella stessa squadra».

Fabio Rossi