Zampagna, dal Sassuolo alla... tabaccheria
Quello del Liberati è un derby per l’ex neroverde che a Terni è nato, ha giocato e da poco ha aperto un negozio
A Sassuolo, in un senso o nell’altro, ha lasciato un segno. Riccardo Zampagna a Sassuolo ha di fatto concluso ad alto livello una carriera fatta di gol (83 in serie B, 28 in serie A di cui 12 alla sua prima stagione da esordiente a 30 anni) e anticonformismo. Carriera ufficialmente chiusa dopo una breve parentesi alla Carrarese in C1. Un personaggio scomodo, abituato a dire sempre quello che pensa: un atteggiamento che nel calcio di oggi non paga. Zampagna “il rosso” nel 2010 ha deciso di appendere le scarpette al chiodo, è tornato nella sua Terni. A differenza di tanti suoi ex colleghi per lui nessun “impiego” nel mondo del calcio, chi capita nel centro della città umbra lo può vedere indaffarato tra stecche di sigarette e fragranze per ambienti. Sì, il quasi 38enne Zampagna ha aperto una tabaccheria. Il perchè lo ha spiegato in una recente intervista rilasciata a Libero.
Perché hai aperto una tabaccheria?
«Non giocando più qualcosa dovrò pur fare per vivere. Quello della tabaccheria è un investimento sul quale avevo già riflettuto. Ed eccomi qua».
Come mai hai deciso di restare a Terni e di rifiutare altri incarichi?
«Amo questa città e chiunque mi abbia avuto accanto nel corso della mia carriera sa quanto io sia legato a Terni. Ho ricevuto proposte dal mondo sportivo ma ho preferito declinarle».
E perché?
«Non ho voluto allenare, sono un anticonformista, le regole non le amo particolarmente. Avrei fatto volentieri il direttore sportivo, ma per un mio progetto, una bella iniziativa che purtroppo però non è andata in porto».
Vuoi parlarcene?
«Corsi di preparazione riservati a giovanissimi atleti, al fine di seguirli nel percorso di crescita e di sviluppo corporale e della loro attitudine alle discipline sportive. Ma il problema è sempre quello dei finanziamenti e non tutti sono disposti a foraggiare investimenti che non offrono ritorni immediati».
Continui ad occuparti anche di sociale?
«Lo sport di per sé è sociale, in quanto offre momenti di crescita e di condivisione. Quando ho abbandonato il calcio ho scritto un libro (Calcio alla rovescia, ndr) e curato due manifestazioni i cui proventi sono andati a beneficio dell’Ospedale di Terni per l’acquisto di macchinari medici. Collaboro anche con l’associazione Primi della Strada per sensibilizzare l’avvicinamento dei giovani allo sport. I giovani sono importanti, è necessario puntare su di loro e fornire strumenti di crescita».