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Natalia Valeeva, la Robin Hood che tutti temono

di Davide Berti
Natalia Valeeva, la Robin Hood che tutti temono

Originaria della Moldavia, è alla sua sesta partecipazione: «La gara? È come un vacanza, così spero di dare il meglio»

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Quando la senti parlare sembra tutto facile, anche tirare una freccia al centro di un bersaglio posto a 70 metri dalla zona di tiro. La cosa sconvolgente è che quando le sei accanto mentre tende l’arco e scaglia la sua freccia tutto è ancora più naturale.

«Il nostro non è uno sport - sorride Natalia - io lo dico sempre. Lo diventa per esigenze di classifica, ma in verità è un’arte alla quale bisogna applicare anche un po’ di scienza».

È la mattina della scelta delle corde e delle frecce nella sua casa di Montale, dove abita da ormai molti anni col marito Roberto Cocchi, ex arciere azzurro, e i tre figli: Stefano di 12 anni, e le gemelle Sofia e Victoria di 6.

«Non possiamo lasciare nulla al caso. Ci si allena anche otto ore al giorno e si tirano anche trecento frecce. Questo è il momento più difficile: conciliare le esigenze di mamma, che metto sempre al primo posto, e quelle dello sport che mi dà da vivere divertendomi».

Le gemelle giocano in giardino, le studia le alette e le cocche delle frecce, deve scegliere quelle da portare a Londra: «Il campo gara sarà difficilissimo, ci aspettiamo tanto vento con folate improvvise». A quello non si comanda, ma tutto il resto si può studiare: «Ogni movimento è calcolato, ogni frazione di secondo. E io sono anche tra quelle che fa più in fretta a tirare. Penso: meglio togliersi il dente subito ed evitare che il vento ti infastidisca, se ci metti più tempo le possibilità che le condizioni possano cambiare sono più alte».

La faretra, il parabraccio, il talco, tutto è un rituale, anche andare a recuperare le frecce scagliate sul paglione: «Studio la rosata - la composizione delle frecce sul bersaglio - e capisco cosa c’è da migliorare». Se fa così lei, figuriamoci gli altri, che quando la vedono in campo sussurrano: «Quella è la Valeeva». Record mondiale, due bronzi olimpici con la Moldavia, poi l’avventura in azzurro costellata da successi. Passano gli anni, cambiano le compagne e lei, a 42 anni con 32 di attività alle spalle, è sempre lì, calma e tranquilla: «In questo mondo bisogna saperci stare. Io credo nel lavoro, nell’impegno e nella capacità che ognuno di noi ha di sacrificarsi. Anche le Olimpiadi sono sacrificio». Sapere di essere una delle stelle da battere è un peso ma anche un orgoglio: «Interpreto la gara come una vacanza: mi rilasso e ci metto tutto quello che ho, sperando anche in un pizzico di fortuna».

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