Parla il fratello della donna uccisa insieme al figlio a Marzaglia: «Carlo era schiacciato dalla vita»
Franco Santunione racconta il dramma vissuto dalla sua famiglia: «Portava un peso troppo grande, alla fine non ha retto»
MODENA. «Mio cognato appariva sereno, ma si vede che nascondeva un dramma dentro. Nessuno però poteva immaginare che fosse così grande, da portarlo a compiere un gesto del genere».
È comprensibilmente molto scosso dall’accaduto Franco Santunione, ma ci accoglie lo stesso nel suo appartamento sulla Strada di Marzaglia, a pochi metri dal forno dove sua sorella Claudia ha lavorato per tutta la vita. È il primo pomeriggio, ha saputo che sua sorella non c’è più da poche ore. Ha gli occhi lucidi. E pensare che la bella giornata di sole era iniziata senza nessun sentore di quello che era accaduto.
Signor Franco, quando e come ha saputo della tragedia?
«Erano le 10.30 circa, mi trovavo qui fuori, vicino al forno, a fare due chiacchiere con alcuni amici, del più e del meno. All’improvviso ricevo una telefonata da mia cognata, che mi ha gelato».
Cosa le ha detto?
«Mi ha detto così: “È successo che sono morti tutti e tre”. Sono corso subito lì, ma nell’appartamento c’erano già i carabinieri che stavano facendo tutte le indagini. Non mi hanno fatto entrare ovviamente, non ho potuto vedere nulla. Ho saputo dalla tv e da internet quello che era successo».
Sua cognata e suo cognato come l’hanno scoperto?
«Hanno visto tutto chiuso in casa e si sono preoccupati. Quando hanno visto che Nessuno rispondeva al telefono, il fratello è andato a vedere, e ha aperto con la chiave che aveva».
Quando ha visto sua sorella l’ultima volta?
«Una decina di giorni fa. Era affetta da una forma di demenza che stava avanzando in modo inesorabile. A volte era lucida, a volte no. Ma non avrei mai pensato che potesse fare una fine del genere, dopo tutto quello che ha fatto nella sua vita».
Si è presa cura tanto del figlio disabile vero?
«Stefano si è rivelato affetto fin da piccolo da una forma di autismo molto grave, che l’aveva portato a finire su una carrozzina. Sua mamma si è presa cura di lui con un affetto incredibile, anno dopo anno. Solo l’affetto di una madre permette di reggere il peso di una situazione così grave. Questo ovviamente senza nulla togliere a Carlo, che poi con la pensione ha dedicato anche lui tutto il tempo alla famiglia».
Il 23 aprile, quando di sera o di notte è accaduta la tragedia, era il compleanno di Carlo. Come l’ha vissuto?
«So che la cognata aveva fatto un dolcetto per lui, e che sono venuti a mangiarlo insieme, facendo compagnia alla famiglia. Sembrava che tutto si fosse svolto in maniera serena, senza nessuna avvisaglia di quello che sarebbe accaduto. E invece...»
Che cos’ è successo secondo lei?
«Che Carlo non ha più retto mentalmente. Nonostante i suoi 83 anni, sosteneva con le sue forze tutto il peso della grave situazione che si era creata in famiglia. Portava tutti i giorni il figlio disabile in un centro a Modena dove gli facevano fare qualche lavoretto. E poi assisteva in tutto la moglie, le cui condizioni negli ultimi tempi erano peggiorate molto».
Non ha mai chiesto aiuto?
«No, sono sempre stati piuttosto riservati in famiglia, cercava di fare tutto quello che poteva da solo, forse per senso del dovere. Io gliel’ho chiesto anche nei giorni scorsi: “Vuoi che vengo un paio d’ore a casa a dare una mano?”. Ma mi ha detto di no, come le altre volte. Forse se si fosse lasciato aiutare, non sarebbe arrivato in questa situazione».
Cosa l’ha spinto a questo gesto secondo lei?
«Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto portare il figlio in una struttura, perché stava diventando troppo impegnativo da gestire. E vedeva la moglie peggiorare sempre, senza la possibilità di fare niente. Forse anche lei sarebbe stata presto da portare in struttura. Si è visto davanti una strada della vita così stretta che non ha retto, e ha fatto quello che ha fatto».
Però non lasciava trasparire nulla di quello che stava passando?
«No, è proprio questo il problema. Mio cognato non ha mai dato segni di impazienza, mai una lamentela per la situazione che aveva a casa. All’esterno appariva sereno, ma si vede che dentro era tormentato nel profondo. Non l’abbiamo capito, e non abbiamo potuto aiutarlo. È una disgrazia segnata dal tempo, dal logoramento portato dal tempo».
Lei come si sente?
«Non so cosa dire, non avrei mai pensato nella mia vita di dover affrontare una situazione del genere. Si pensa che tragedie come questa si possano sentire solo alla tv, uno non pensa che possa essere toccato da vicino. E invece può succedere, quando meno te lo aspetti».
Tutto il paese è sconvolto, nessuno se l’aspettava...
«Sì, perché Claudia e Carlo sono state due persone esemplari, che hanno sacrificato la loro vita nel lavoro e nell’assistenza al figlio. Lo sapevano tutti. Meritavano tanto bene, e invece il mondo gli è crollato addosso».
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