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L'intervista

Il modenese Lusuardi e l'amore per le moto: «La Ducati nel cuore e un Valentino Rossi ragazzino...»


	Un giovane Claudio Lusuardi
Un giovane Claudio Lusuardi

L'imprenditore ed ex pilota: «Da piccolo sentivo l’autodromo rombare da scuola, irresistibile»

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MODENA Incarna nel migliore dei modi la passione sconfinata per il mondo dei motori che attraversa tutta l'Emilia. Claudio Lusuardi, classe 1949, ha vissuto tutte le fasi del contagio partendo dai “cabò” da scuola per andare a vedere le prove di un certo Giacomo Agostini, allora ancora pressoché sconosciuto che cavalcava una Moto Morini.

L'intervista
«Mentre ero a scuola dalla finestra sentivo il rumore inconfondibile dell’autodromo. Un mattino con gli amici marinai la scuola e andammo a vedere. C’era Giacomo Agostini. In quel momento capii che le automobili non sarebbero mai state il mio mondo», confessa con un sorriso carico di nostalgia. La svolta nella sua vita ha il nome di Francesco Villa, uno di quei maestri che cambiano il destino: «Un giorno mi guardò dritto negli occhi e mi disse: “Ti piacciono le moto? Vuoi venire a lavorare con noi?”. Non ci pensai due volte. Undici anni con Francesco che sono stati magici, è stato più di un maestro, un secondo padre».
E l’officina dei Villa? Era il tempio della creatività motoristica modenese, un luogo dove nascevano sogni e idee: «Non era un semplice garage. Lavoravamo fianco a fianco con passione. C’era il battilamiera di Stanguellini, l’operaio della Lamborghini, quello della Ferrari... Era una famiglia allargata. A fine giornata ognuno portava qualcosa: chi il salame, chi il Lambrusco. Si rideva, si progettava, si sognava».

I suoi inizi corsaioli sono legati a un aneddoto che Lusuardi racconta con l’ironia di chi sa che il destino gioca strani scherzi: «Mio padre non voleva assolutamente che corressi, troppo pericoloso! Ma quando dovette firmare i documenti per la licenza, aveva talmente fretta che non lesse bene. Così, senza saperlo, mi diede il via libera per le corse vere! La mia prima gara fu a Milano Marittima. Terzo classificato, non male per un debuttante!».

La carriera
Gli brillano ancora gli occhi quando rievoca la sua prima vittoria: «A Villa Fastiggi, Pesaro. In pista c’erano mostri sacri come Jarno Saarinen e Angel Nieto, 11 volte campione del mondo. Quando con la mia Villa tagliai il traguardo per primo nella classe 50, fu incredibile. Non ho mai fatto salti di gioia ma dentro... dentro sentivo di aver dimostrato il mio valore». Una carriera che l’ha visto conquistare 4 titoli italiani ('74, '75, '79 e '83), due terzi posti nel Mondiale ('82 e '83) e collezionare 32 gare mondiali con 6 podi in 16 anni di corse.
Tolta la tuta, Lusuardi ha iniziato una carriera da talent scout: «Il primo fu Luca Cadalora. Era sempre in officina, curioso, attento, assetato di conoscenza. Gli diedi la sua prima moto sportiva. I suoi tre mondiali sono la prova del suo talento». E poi, con un lampo di orgoglio negli occhi: «Nel '93 mi portarono un ragazzino delle minimoto, Valentino Rossi. Cadeva continuamente, ma quando stava in piedi... mamma mia! Ricordo che dissi: se questo impara a non cadere, sono guai per tutti!».

La Ducati
Il legame con Ducati è viscerale: «Tutto iniziò nel '67, quando Francesco Villa sfrecciava sulle Ducati. Da allora è stata una storia d’amore e di motori. Domenicali e Preziosi venivano spesso in officina. Ci sedevamo insieme, io con le mani ancora sporche d’olio, loro con i loro progetti. Da questo scambio nascevano idee che hanno fatto la storia delle due ruote».
Quando gli chiedi cosa rende speciale la rossa di Borgo Panigale, ti risponde con la semplicità dei grandi: «La Ducati, come la Ferrari, ha il rombo nel sangue. I cavalli, la potenza, sono sempre stati la priorità. Ma la vera forza? Sapersi reinventare. Dal 2007 con Stoner e quelle moto potentissime ma difficili da domare, fino a vedere sette piloti Ducati su otto vincere almeno una gara. È questa capacità di evolversi, senza perdere l'anima, che fa la differenza».

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