Confusione sull’acconto Irpef: correttivo del Governo da 250 milioni
Il Mef è al lavoro su una soluzione per le dichiarazioni dei redditi, per non penalizzare quei contribuenti che si vedrebbero calcolare l’acconto con le regole del 2023 e, quindi, con il vecchio sistema a quattro scaglioni e rispettive aliquote
Un correttivo per risolvere il caos acconto Irpef: il Mef è al lavoro su una soluzione per le dichiarazioni dei redditi, per non penalizzare quei contribuenti che si vedrebbero calcolare l’acconto con le regole del 2023 e, quindi, con il vecchio sistema a quattro scaglioni e rispettive aliquote. Il caso è esploso nei giorni scorsi, con la Cgil che ha denunciato “ricadute importanti” per i contribuenti che si troveranno quest’anno ad anticipare tasse, calcolate sul vecchio regime e che verrebbero poi restituite con la dichiarazione del 2026. Ora il Mef annuncia un intervento e dovrebbe mettere in campo 250 milioni. È la risposta al pressing scatenato anche dai partiti di maggioranza.
Il problema e la correzione
Ieri il presidente della commissione Attività produttive della Camera, Alberto Gusmeroli della Lega, aveva assicurato che “il Governo interverrà per sistemare con tempestività la questione degli acconti Irpef in modo che vengano effettuati basandosi sul nuovo sistema a tre aliquote, superando il vecchio calcolo dell’acconto a quattro aliquote: nessun contribuente verrà così penalizzato”. Per il leghista si tratta di “un refuso” determinato da un mancato coordinamento tra vecchie e nuove norme che “verrà tempestivamente corretto”. Il problema, secondo la Cgil, è dovuto al decreto legislativo 216/2023 che “per l’anno d’imposta 2024, al fine di determinare gli acconti Irpef 2025 e 2026 relativi ai periodi d’imposta 2024 e 2025 si assume, quale imposta del periodo precedente, quella determinata secondo gli scaglioni e le aliquote Irpef (23%, 25%, 35% e 43%) e la detrazione per redditi di lavoro dipendente vigenti al 31 dicembre 2023 (1.880 euro). Aliquote non più in vigore e nettamente superiori alle attuali”.
Di quanti soldi si parla
Secondo una simulazione, in presenza di una dichiarazione 2025 con un rimborso di 165 euro, viene determinato un acconto di 95 euro, che verrà restituito con la dichiarazione del 2026, qualora la situazione di questo lavoratore non dovesse subire modifiche, “di fatto un importo non dovuto”. Il sindacato e il Caaf hanno scritto al ministro Giancarlo Giorgetti e al viceministro Maurizio Leo per “intervenire con la massima urgenza” abrogando la norma e rendendo “immediatamente operativi l’accorpamento delle aliquote Irpef e l’applicazione delle nuove detrazioni anche per il calcolo degli acconti”. Ovviamente l’intervento comporterebbe un aggravio del bilancio di quest’anno, da compensare.
Da dove nasce il problema
Il Mef spiega che l’incongruenza evidenziata dai Caf deriva dal fatto che le aliquote, gli scaglioni e le detrazioni Irpef sono stati in una prima fase modificati in via temporanea, per un solo periodo d’imposta (2024), e successivamente stabilizzate a regime dal 2025. E che la norma prevista nel decreto legislativo del 2023 va interpretata nel senso che l’acconto per l’anno 2025 è dovuto, con applicazione delle aliquote 2023, solo nei casi in cui risulti superiore a euro 51,65 la differenza tra l’imposta relativa al 2024 e le detrazioni, crediti d’imposta e ritenute d’acconto, il tutto però calcolato secondo la normativa applicabile al periodo d’imposta 2024.