Giuliana, storica collaboratrice di Enzo Ferrari: «Non chiamatelo Drake...»
«Era un padre per piloti e operai. Una volta rispedì indietro i tortellini alla panna...»
MARANELLO. «Drake? Non direi proprio. Era una persona gioviale, generosa, distinta». Giuliana ricorda Enzo Ferrari con un filo di voce, come se non volesse disturbare, eppure traspira l’orgoglio dalle sue parole. Quell’orgoglio di chi sa di aver lavorato accanto a uno degli uomini che hanno fatto la storia del nostro Paese.
E poi quel nome, Giuliana, che in realtà non è il suo. Lei si chiama Angela Bagatti ed è stata la collaboratrice domestica e cuoca di Ferrari, nonché moglie di Dino Tagliazucchi che fu l’autista dell’ingegnere: «Per me resta sempre “l’ingegnere” – racconta Angela, pardon Giuliana – Sì, chiamatemi Giuliana, anche l’ingegnere mi chiamava così». I suoi ricordi dipingono una persona tutt’altro che chiusa o riservata.
Giuliana, per quanti anni ha lavorato accanto a Enzo Ferrari?
«Per vent’anni, fino al periodo della malattia e della morte. Ha sofferto molto nell’ultima parte della sua vita, tanto che quando Papa Giovanni Paolo II nel 1988 venne a visitare gli stabilimenti della Ferrari e percorse la pista lui non poté presenziare (sarebbe morto due mesi dopo, ndr)».
Lei che ha potuto conoscerlo al di fuori del mondo lavorativo, che ricordi conserva del Ferrari più intimo e domestico?
«Scherzava molto, amava fare le battute. Tutto l’opposto di quello che il mondo dipingeva. Ricordo quel soprannome il Drake (alza gli occhi al cielo, ndr), non era certo così. Si diceva anche che fosse severo, forse a causa di quegli occhiali scuri che indossava sempre».
E invece?
«Sa perché portava gli occhiali? Lo faceva per guardare in faccia gli altri da dietro le lenti».
Quindi non era un uomo austero.
«Per noi collaboratori più stretti certamente no. Anche se va detto che era un po’ rigido, una caratteristica che tuttavia è stata anche la sua fortuna. A quei tempi era fondamentale, se penso adesso...».
Cosa direbbe Ferrari del mondo di adesso?
«Mamma mia... Quante volte ci penso. Secondo me si sta rigirando nella cassa. Ferrari aveva un grande pregio: era il primo difensore dei suoi operai. Guai a chi li toccava, ci teneva tantissimo».
E invece a tavola Enzo Ferrari che gusti aveva?
«Mangiava di tutto, ma l’importante era che il cibo fosse genuino e modenese. Ricordo un aneddoto. Una volta stava rientrando da Imola con mio marito Dino e si fermarono in un ristorante a mangiare un piatto di tortellini. Il cameriere dopo poco portò in tavola un piatto di tortellini alla panna. Allora l’ingegnere disse in dialetto: “Cosa sono quei lavori qua? No no no... Se ce li avete in brodo bene, altrimenti io prendo la mia valigina e me ne vado”».
Aveva tempo libero o era uno stakanovista?
«Era quasi sempre in ufficio, per incontri, clienti e riunioni. La sera amava riposarsi a casa».
Qual è stato il pilota che ha amato di più?
«Sicuramente Gilles Villeneuve. Anche se l’amore non è sbocciato subito. Appena è venuto a provare la monoposto usciva spesso di pista, allora l’ingegnere non era contento, tanto che ai suoi collaboratori più stretti diceva: “Come faccio a prendere quel pilota lì, che mi porta dentro l’erba per i conigli?”. Ma poi è stato proprio Villeneuve il pilota che più di tutti gli altri ha amato, con lui aveva un grande rapporto».
E con gli altri?
«È stato come un padre per tutti i piloti, gentile e protettivo. Certo se qualcuno sgarrava l’ingegnere era il primo a fargli “due tre urla”. Ma trattava tutti in modo equo: i piloti come gli operai».l