Emilia Romagna “terra promessa” in un’Italia in cui i giovani spariscono: tutti i dati degli ultimi dieci anni
Numeri allarmanti della Cgia di Mestre: in 10 anni crollo di 750mila unità, il Sud è l’area del Paese che vede “fuggire” e fa crescere il Nord. La nostra regione è la più attrattiva per crescita percentuale, con Modena al sesto posto, mentre la Lombardia lo è per numeri assoluti
MODENA. L’Italia non è un paese per giovani. Lo hanno gridato nelle piazze studenti e studentesse, se ne è discusso a Roma, sui tavoli della politica, e lo conferma, ancora una volta, l’indagine condotta dall’Ufficio Studi dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese (Cgia) di Mestre, che ha portato alla luce un fenomeno tanto inesorabile quanto preoccupante.
La popolazione giovanile negli ultimi 10 anni
Negli ultimi dieci anni la popolazione giovanile è diminuita di quasi 750.000 unità, con una contrazione del 5,8%: oggi, gli italiani nella fascia d’età tra i 15 e 34 anni, sono meno di 12,1 milioni. Un crollo, e un campanello d’allarme, che riguarda specialmente il Mezzogiorno, dove il numero di giovani è calato del 14, 7% rispetto al 2014, con punte negative del 25, 4% nella provincia del Sud Sardegna, del 23,4% a Oristano e del 21,5% a Isernia. Per il Nord, invece, il trend segue un andamento opposto: sono 26 le province italiane, tutte settentrionali, in cui il saldo è preceduto dal segno più. Si distinguono in particolare Gorizia, con un aumento del 9,7%, Trieste con il 9,8% e Bologna, in cui il numero di giovani cresce addirittura dell’11, 5%. Ma tutta l’Emilia è ai vertici, rovesciando la classifica, per aumento dei giovani se Bologna è prima (11, 5%) Parma è quinta (+6, 8%) Modena sesta (+5,79), seguono Ravenna e Piacenza, Reggio Emilia decima (+3%) Ferrara diciottesima (+1,3%).
Il Nord Italia cresce grazie ai giovani del Sud
Il Nord continua dunque ad attrarre la popolazione di età compresa tra i 15 e i 34 anni, grazie alle maggiori opportunità di reddito e all’efficienza dei servizi. Tuttavia, i dati che evidenziano la decrescita e la dilatazione del numero dei giovani nelle diverse aree del paese sono uniti da un legame di interdipendenza. I risultati positivi registrati al Nord dipendono infatti in larga parte dalla compensazione prodotta dai trasferimenti dal Sud Italia, dove la “fuga” giovanile sembra inarrestabile. La denatalità rappresenta quindi una condanna per il futuro italiano, per il quale le previsioni della Cgia non sono rassicuranti: è solo l’inizio di una crisi demografica destinata a protrarsi nel tempo. E il caso italiano, per quanto preoccupante, non rappresenta un unicum. L’Ufficio studi della Cgia descrive il crollo dei giovani come un fenomeno endemico nell’intera area europea, con una media del -1,9% per il calo della popolazione di età compresa tra i 15 e i 34 anni.
Tasso di occupazione e livello di istruzione
L’invecchiamento progressivo a cui il paese va incontro si accompagna ad altri indicatori non meno allarmanti. Sul fondo della graduatoria europea per tasso di occupazione e livello di istruzione, ancora una volta, troviamo l’Italia, in cui, peraltro, l’abbandono scolastico rappresenta ancora oggi una problematica determinante e significativa. E le conseguenze, altrettanto gravi, non tardano ad arrivare: “già da qualche anno avvertiamo le prime avvisaglie soprattutto nel Centro-Nord: le aziende incontrano sempre maggiori difficoltà nel reperire personale qualificato; questo sia per la mancanza di candidati che per l’insufficienza delle competenze delle persone che si presentano ai colloqui” recita il testo dell’indagine dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre. Il disallineamento, la frattura tra domanda e offerta di lavoro per le nuove generazioni urla a gran voce la necessità di scelte politiche più che mai urgenti, che la Cgia rende esplicite con un imperativo forte e chiaro: «Investire di più nella scuola, nell’Università e nella formazione professionale».
Immigrazione e denatalità temi da affrontare
Di fronte al declino demografico e alle ripercussioni della situazione giovanile sul mondo imprenditoriale l’immigrazione risulta senza dubbio una risorsa. Tuttavia, sono due le condizioni ritenute imprescindibili dalla Cgia, per rendere la migrazione “un valido strumento per affrontare la sfida”. La conoscenza della lingua italiana e il possesso di competenze professionali, suggerisce infatti l’Associazione artigiani e piccole imprese in accordo con il Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro, dovrebbero essere i criteri di ammissione ad eventuali corsie preferenziali per l’ingresso nel nostro Paese e per l’assunzione nelle imprese italiane. Universalmente condiviso è comunque l’assunto secondo il quale l’immigrazione non può costituire la sola risposta ai problemi derivanti dalla crisi demografica. Una crisi dirompente e inarginabile sul breve periodo. Emblematico, secondo la Cgia, è il dato che mostra come nel 1943, quando l’Italia combatteva la seconda guerra mondiale in condizioni nettamente peggiori confrontandole con quelle attuali, le nascite registrate fossero più che doppie rispetto a oggi. La denatalità, quindi, grava ed è destinata a gravare su un’Italia sempre più anziana e precaria.