Gazzetta di Modena

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In Duomo

Messa di San Geminiano, il richiamo del vescovo alla politica: «Le risposte incisive si fondano sulla realtà, non sui consensi»

di Paolo Seghedoni

	Il vescovo durante l'omelia della messa di San Geminiano in Duomo
Il vescovo durante l'omelia della messa di San Geminiano in Duomo

L’omelia di don Erio Castellucci: «La politica smart working, che evita le folle, limitandosi ai social e ai salotti televisivi, resta lontana dal mondo reale; quella che invece “percorre le città e i villaggi”, incontrando i volti, elabora soluzioni efficaci»

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MODENA. Un messaggio “politico”, quello dell’arcivescovo di Modena-Nonantola, don Erio Castellucci, in occasione della festa di San Geminiano. La celebrazione solenne del “santo dei modenesi”, alle 11, ha richiamato una folla davvero considerevole tanto che, forse per la prima volta, l’afflusso in Duomo è stato contingentato per ragioni di sicurezza e diverse persone non sono riuscite a entrare.

Autorità e vescovi

Presenti le autorità civili, dal sindaco Massimo Mezzetti a una parte della Giunta e al presidente della Provincia Fabio Braglia, senza dimenticare l’europarlamentare Stefano Bonaccini, consiglieri regionali e comunali oltre ai sindaci di Pontremoli e San Gimignano (che hanno il Patrono in condivisione con Modena), la Prefetto e le autorità militari (comandanti di Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza e dell’Accademia Militare), ma anche il Rettore di Unimore, tanto per citare solo alcuni. C’erano poi il vescovo emerito di Forlì-Bertinoro, monsignor Lino Pizzi, il vescovo di Massa Carrara-Pontremoli, monsignor Vaccari, e il padre custode della Porziuncola di Assisi, oltre ai vicari generali di Carpi e di Massa-Pontremoli. Particolarmente significativa la presenza di alcune persone sorde, che hanno seguito la celebrazione nella lingua dei segni, mentre diverse persone disabili erano presenti alla chiesa di Gesù Redentore dove è stato allestito uno schermo per partecipare a distanza alla messa.

L’omelia del vescovo

Dicevamo dell’omelia e della sua valenza civile, come da tradizione per la festa di San Geminiano che è, appunto, al tempo stesso solennità religiosa e appuntamento che raccoglie tutti i modenesi, a prescindere dalla loro appartenenza confessionale. Don Erio, successore di Geminiano sulla cattedra di vescovo di Modena, è partito da tratteggiare la figura di Gesù come quella di un maestro che, come dice il Vangelo, «percorreva tutte le città e i villaggi» e, facendolo, «guardava in faccia il prossimo e vedeva le condizioni disagiate di tanta parte della popolazione. Vedere di persona, fissare i volti ad altezza d'uomo, come fa il Signore, attiva la compassione, spinge a condividere la sofferenza; informarsi invece della situazione solo dalle statistiche rende indifferenti e ostili. Il filosofo Platone accostò l'immagine del pastore anche ai politici, definendoli “pastori di uomini”. E aveva ragione, perché tutte le guide, civili e religiose, sono chiamate a custodire, orientare e proteggere le persone, specialmente quelle svantaggiate».

Un invito alla politica

A seguire il passaggio più squisitamente politico del messaggio di monsignor Castellucci: «La festa di San Geminiano è occasione per esprimere la profonda sintonia e collaborazione tra autorità, istituzioni ed enti, che qui a Modena formano un tessuto solido e solidale. Tutte e tre le azioni svolte da Gesù e consegnate ai discepoli – insegnamento, predicazione e cura – sono qui praticate con intensità e competenza: i percorsi didattici, i progetti formativi e le opere assistenziali intercettano ogni giorno la vita, i problemi e le risorse di migliaia e migliaia di persone, quelle folle di cui Gesù osservava i volti. L’alternativa – ha osservato il vescovo – per chi tra noi esercita un qualsiasi compito di guida, è la stessa del tempo di Gesù: percorrere le città e i villaggi, guardando in faccia le persone e lasciandosi commuovere, oppure stare chiusi tra quattro mura guardando città e villaggi dall'alto, studiando solo le statistiche e formulando soluzioni sulla carta. Chi lavora sul campo riceve anche qualche provocazione e perfino qualche insulto, ma capisce la realtà e arriva al cuore delle persone e dei problemi: e quando poi torna nel proprio studio – è pur necessario fermarsi e riflettere – allora cerca risposte incisive, perché fondate sulla realtà. Forse per questo – qui l’affondo di monsignor Castellucci – abbiamo la sensazione che le scelte politiche assunte da chi opera lontano da noi siano talvolta avulse dai problemi veri e si basino più che altro su sondaggi e calcoli elettorali, arrivando a inculcare paure e chiusure, pur di ottenere facili consensi. La politica smart working, che evita le folle, limitandosi ai social e ai salotti televisivi, resta lontana dal mondo reale; quella che invece “percorre le città e i villaggi”, incontrando i volti, elabora soluzioni efficaci. Lo stesso vale per tutte le nostre istituzioni e organizzazioni, Chiesa inclusa. Papa Francesco raccomanda ai cristiani quella vicinanza e prossimità che si lascia disturbare dalle ferite della gente, le fa proprie, ed estrae poi dal Vangelo la speranza che solo il Signore risorto può dare».

Il finale evocativo

Una vera e propria autocritica, prima di un finale evocativo e ancora carico di significato: «San Geminiano, che non si tirò indietro quando fu chiamato dall’imperatore a guarire sua figlia, percorrendo città e villaggi per insegnare, predicare e curare, doni a tutti noi lo sguardo di Gesù, capace di compassione: perché l’io lasci il passo al noi, la prima persona singolare dia spazio alla prima persona plurale: a quel “noi” che dà speranza a tutti, poiché nessuno si salva da solo».