La madre di Daniela Ruggi: «Mia figlia iniziò a soffrire quando perse il lavoro sul pulmino»
La lettera aperta della donna attraverso gli avvocati Guido Sola ed Elena Lenzini: «Le siamo sempre stati molto vicini, anche economicamente, ma voleva la sua privacy. Ci siamo sentite il giorno dopo il suo rientro a casa dall’ospedale di Sassuolo»
MONTEFIORINO. «Daniela ha cominciato a chiudersi ed entrare in difficoltà quando ha perso il lavoro che amava, tra i bimbi, sullo scuolabus del Comune di Montefiorino».
A sottolinearlo è M.B., la madre di Daniela Ruggi. Attraverso gli avvocati Guido Sola ed Elena Lenzini, a cui si è rivolta per tutela, in una lettera aperta rompe il silenzio e offre molti elementi di comprensione in più sulla scomparsa della 31enne di Vitriola. Precisando che si sentirono il giorno dopo l’accesso all’ospedale di Sassuolo del 18 settembre, a conferma che era rientrata a casa.
Il rapporto con Daniela
«Quando eravamo a Vitriola, vivevamo tutti insieme nella casa in centro storico. Quando, per ragioni familiari, mi sono dovuta trasferire a Prignano presso casa dei miei genitori, Daniela ha deciso di rimanere a vivere a Vitriola anche perché lì prestava servizio civile. In questi dieci anni circa, ci siamo sempre frequentati e aiutati vicendevolmente. Anche se devo dire che Daniela è una persona estremamente riservata che tiene particolarmente alla propria privacy. Privacy che noi, giustamente, abbiamo sempre rispettato anche perché Daniela si diceva – e appariva – serena e felice soprattutto dopo che aveva trovato lavoro come assistente sul pulmino che accompagnava i bambini a scuola».
Il lavoro perso
«I problemi, se problemi vi sono stati – continua la madre – sono iniziati quando non è stato rinnovato il contratto di lavoro in essere. Certamente, non poter più lavorare come assistente sul pulmino che accompagnava i bambini a scuola è stata per Daniela cosa dolorosa. Daniela, infatti, amava quel lavoro. È stato da quel momento in poi che, effettivamente, ha iniziato a chiudersi in se stessa, iniziando altresì a non curare la propria persona».
Mai vista in brutta compagnia
Ma la madre ribadisce la vicinanza: «Le siamo comunque sempre stati vicini anche economicamente, per quanto Daniela tentasse di reperire un lavoro che le permettesse di tornare ad essere autonoma. Chi frequentasse, se mai frequentasse qualcuno, per le sue esposte ragioni, non saprei dire. Ma posso dire che nessuno di noi l’ha mai vista in compagnia di persone non perbene. Questo posso tranquillamente affermarlo, anche perché, essendo io una madre apprensiva, sono solita invitare entrambe le mie figlie ad essere sempre prudenti».
Il giorno della scomparsa
«Il giorno in cui Daniela sarebbe scomparsa – aggiunge la donna – mi chiamava dicendo di trovarsi presso il Pronto soccorso dell’ospedale ove lavoro, a Sassuolo. Le portavo visita e constatavo che si trovava lì a causa di un’accidentale caduta in casa. Le dicevo di chiamarmi quando l’avessero dimessa, perché l’avrei potuta riaccompagnare a casa io. Daniela mi chiamava verso le 17.30/18 circa. Le dicevo che sarei passata dapprima a prendere sua sorella R. e poi a prendere lei. Mi rispondeva di non preoccuparmi e che, a quel punto, l’avrebbero direttamente riaccompagnata a casa gli operatori del 118. La risentivo quella stessa e ancora la mattina dopo: Daniela mi confermava di essere rincasata regolarmente. Nell'occasione, rimanevamo d’accordo che ci saremmo viste direttamente nel weekend. Quando, però, il sabato successivo, raggiungevo Vitriola, Daniela non mi rispondeva al telefono. E da quel momento di lei abbiamo perso ogni traccia. A denunciare la scomparsa di Daniela era mio figlio A.».
Le accuse ricevute
«Mi hanno accusata – me lo hanno detto apertamente i giornalisti che, da quel giorno, assediano la nostra casa – di essere madre insensibile solo perché ho chiesto loro di poter restare in silenzio di fronte alle tante e invadenti domande che quotidianamente pretenderebbero di porci – conclude la madre di Daniela –. È incredibile che i professionisti dell'informazione non percepiscano l'agonia che la mia famiglia sta vivendo e, soprattutto, che non capiscano la disperazione di una madre che, da quel giorno, non ha più notizie di sua figlia. Spero che questa mia lettera aperta possa fare sì che la mia famiglia possa avere il rispetto che ha invano chiesto in questi mesi. Non è corretto, a mio parere, che, ancora oggi, nonostante questa tragedia, noi si sia costretti a vivere barricati in casa. Per noi questa è sofferenza nella sofferenza. Il nostro pensiero è costantemente rivolto al fatto che i carabinieri ci diano presto belle notizie e che noi si possa presto riabbracciare Daniela».
© RIPRODUZIONE RISERVATA