Omicidio di Alice Neri, si riaccende lo scontro sul “terzo uomo”. Ingroia: «Evidenti le sue contraddizioni»
Audizione lunga una mattina per il collega di lavoro della giovane madre uccisa, il cui alibi era stato provato dai carabinieri incrociando i dati di cellulari e targa. L’avvocato di parte civile che tutela il marito, Nicholas Negrini, incalza l’uomo, mentre per Cosimo Zaccaria, che tutela la madre, è confermata la sua estraneità
MODENA. La mattinata di ieri nel processo per la morte di Alice Neri è stata dedicata all’audizione del “terzo uomo”. Il collega di lavoro di Alice alla Wam di Cavezzo che è stato di fatto scagionato nella precedente udienza dalla relazione dei carabinieri che, incrociando i dati di cellulare e targa, hanno accertato la sua presenza a casa quando Alice veniva uccisa. L’uomo è stato sentito a lungo, in una deposizione in cui ha ribadito con forza la sua estraneità all’omicidio. Ma le sue parole vengono lette in maniera completamente diversa dagli avvocati.
L’avvocato Ingroia, parte civile per il marito di Alice
A incalzarlo è soprattutto Antonio Ingroia, parte civile per il marito di Alice: «I dubbi che avevamo nei suoi confronti sono aumentati – sottolinea – riguardo la sua attendibilità e la sua ricostruzione dei fatti. Ha detto che aveva interrotto la relazione con Alice due giorni prima della sua morte, il 16 novembre, e che era stato lui a volerla interrompere. Ma poi si è contraddetto, dicendo che anche lei prima aveva voluto allontanarlo. E ci sono altri testimoni che nel corso del processo hanno assicurato che lei voleva allontanarlo, mentre lui era insistente nel voler proseguire la relazione. Rimane poi il buco nero dei suoi movimenti del 17 e del 18 novembre. Mi pare che anche la Corte, visto le domande che ha posto, abbia dubbi sulla sua versione dei fatti».
L’avvocato Zaccaria, parte civile per la madre di Alice
Altra lettura quella dell’avvocato Cosimo Zaccaria, parte civile per la madre di Alice: «È stata una deposizione coerente con tutte le indagini che sono state compiute sulla sua persona – osserva – completamente estranea all’accaduto ma per un certo periodo coinvolta ingiustamente nelle indagini da una parte dei media. È stata ribadita la sua estraneità, che emergeva già da tutte le prove tecniche, le intercettazioni, la posizione del cellulare e le telecamere».
L’avvocato Ghini, difensore di Mohamed Gaaloul
«Io non ho mai puntato il dito contro il terzo uomo – nota l’avvocato Roberto Ghini, difensore di Gaaloul – ma contro le indagini, e anche stavolta sono emerse gravi mancanze, un’assenza di coordinamento. Pur avendo in mano infatti la copia forense del cellulare dell’imputato, non si sono accorti, come abbiamo fatto noi, che lì c’erano le password per accedere al cloud, da cui possono emergere dati importantissimi col Google Takeout. Lo faranno solo ora, su richiesta di questa difesa».