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Inchiesta hacker, anche a Modena spiati noti imprenditori

di Evaristo Sparvieri

	La conferenza stampa in Procura a Milano
La conferenza stampa in Procura a Milano

Il mercato illegale dei dossieraggi affonda le mani anche in Emilia: la banda rubava dati fiscali e finanziari

27 ottobre 2024
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MODENA. Un mercato illegale di dossieraggi, banche dati violate illecitamente, accessi informatici abusivi, spioni infedeli e spiati eccellenti. C’è più di un filo che conduce in Emilia nella maxi inchiesta hacker condotta dai carabinieri di Varese e coordinata dalla Dda di Milano e dalla Direzione nazionale antimafia, che ha portato complessivamente a sette misure cautelari.

Le misure cautelari applicate e gli indagati

Ai domiciliari sono finiti l’ex super poliziotto e amministratore delegato dell’agenzia Equalize, Carmine Gallo, l’amministratore unico della Mercury Advisor, Massimiliano Camponovo, il socio e consulente informatico e investigativo, Nunzio Samuele Calamucci, e il 38enne correggese, Giulio Cornelli, amministratore e socio unico della Dag (ovvero Develop And Go), con sede a Reggio Emilia in via Gandhi 20, società tutte poste sotto sequestro preventivo.
Sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio invece per Giuliano Schiano e Marco Malerba, rispettivamente maresciallo della Finanza in servizio alla Dia di Lecce e operatore di polizia in servizio al commissariato di Rho. Oltre cinquanta gli indagati, fra i quali Enrico Pazzali, presidente del Cda di Equalize e presidente della Fondazione Fiera di Milano (estranea all’inchiesta), il banchiere Matteo Arpe e l’imprenditore Leonardo Maria Del Vecchio, figlio del defunto patron di Luxottica. Questi ultimi due sarebbero ricorsi ai servizi del gruppo, al pari di un manager di Barilla e di quattro manager del colosso energetico Erg della famiglia Garrone.

I dati violati e i reati contestati

Centinaia di migliaia di file estrapolati e archiviati, dal 2019 al 2024 in tutta Italia, con vittime eccellenti nella politica, nell’imprenditoria e nello spettacolo. Il gruppo avrebbe clonato o utilizzato abusivamente anche un indirizzo email assegnato al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Fra i reati contestati a vario titolo, la rivelazione di segreto d’ufficio, l’accesso abusivo e la divulgazione di informazioni riservate, l’accesso abusivo a sistemi informatici, la violazione di misure di sicurezza per ottenere dati sensibili. Fra le aggravanti, l’abuso di potere da parte di un pubblico ufficiale, l’esercizio abusivo della professione di investigatore privato, l’uso di sistemi informatici di interesse pubblico per commettere il reato.
«Non è esagerato affermare che si tratta di soggetti che rappresentano un pericolo per la democrazia di questo Paese», ha detto il pm di Milano Francesco De Tommasi. Un’associazione a delinquere a carico di tredici degli indagati, che aveva messo in piedi una rete definita dal procuratore nazionale Antimafia, Giovanni Melillo, «un gigantesco mercato clandestino delle informazioni riservate», con accessi alle banche dati dello Sdi delle forze di polizia, di Serpico (con i dati dei contribuenti), dell’Inps, dell’anagrafe delle pubbliche amministrazioni del Viminale e dell’applicativo delle Segnalazioni su operazioni sospette.

Le mani anche in Emilia

«Freghiamo tutta Italia», dicevano intercettati alcuni indagati. A Reggio Emilia, oltre a Cornelli, ci sono anche altri tre indagati: una 51enne, una 29enne e un 45enne. A Ferrara è indagato un 62enne, mentre fra le vittime degli accessi abusivi risultano anche noti imprenditori modenesi. Ai vertici dell’associazione c’era anche il 38enne correggese Cornelli, per le cui mani passavano tutte o quasi le attività del gruppo, nel quale era chiamato con gli pseudonimi di “John” o “John Bologna”.

Secondo quanto emerso nelle indagini, il 38enne è da considerare il «tecnico del sodalizio», dal momento che «gestiva l’apparato informatico-telematico» del gruppo della società Equalize, indicata come la principale fabbrica dei dossier. In stretto contatto con altri indagati, in particolare con il maresciallo infedele Schiano, fra i ruoli svolti dal 38enne c’era quello «dell’esfiltrazione dei dati dallo Sdi» e del «loro inserimento, normalmente “mimetizzato”, all’interno dei report». Informazioni che poi sarebbero finite in una piattaforma chiamata “Beyond”, aggregatore di dati e informazioni da rivendere ai committenti, una sorta di “software spia” – in versione anche premium – di cui Cornelli sarebbe stato secondo gli inquirenti fra gli artefici e i programmatori. Fra le numerose violazioni di banche dati riscontrate, ci sarebbe stata la sua mano nell’acquisizione illecita delle segnalazioni di operazioni sospette, di dati fiscali come 730, redditi, F24, di dati anagrafici e previdenziali.
Il ruolo del correggese Giulio Cornelli
«Cornelli si occupava invero di tutte le attività illegali del sodalizio comprese le intercettazioni abusive», si legge ancora nell’ordinanza del gip di Milano, che ha disposto nei suoi confronti – al pari degli altri arrestati – anche l’applicazione del braccialetto elettronico e il divieto di comunicare.
Una delle basi era la sua Dag, formalmente attiva nella progettazione, produzione, sviluppo e commercializzazione di prodotti software, nata nel maggio 2022 e senza titoli per svolgere attività investigative: una “scatola vuota”, che «ha ragion d’essere esclusivamente per formalizzare, mediante fatturazione, i proventi spettanti a Cornelli, così come la Mercury serve per giustificare formalmente i profitti spettanti a Calamacci e Camponovo, mentre Pazzalli e Gallo conseguono, sotto forma di utili societari della Equalize, i profitti derivanti dalle commesse di report reputazionali» derivanti «da attività di investigazioni digitali anche di natura illecita».
Equalize, Mercury Advisor e Dag, ovvero una «trilogia societaria» nella quale si «mascherano, dietro una formale separazione in tre diversi enti, quella che è, in realtà, una struttura societaria unica, che ha il suo centro operativo nella Equalize», la società al centro dell’indagine.
«Tu ora, obbiettivamente, ma anche per due o trecentomila euro l’anno che puoi andare a fatturare!», diceva Calamucci sotto intercettazione a Cornelli.
«Non ne vale la pena! – rispondeva il 38enne – Ti fai la galera?». E poi: «Dopo un milione e un euro, allora inizio a parlare di qualcosa che può non essere completamente legale, ma ti deve rimanere, nel senso che se ci dicono, fate questa frode per quattro milioni?...Noi facciamo un conteggio...Giu, con due milioni per uno, non riusciamo a sparire?...Perché poi devi sparire!».