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Amarcord

Gli anni d’oro del Tucano, il ristorante di Modena dove Enzo Ferrari e le star erano di casa

di Ginevramaria Bianchi

	Renzo Armaroli e la moglie Ines Morselli davanti all'ingresso del ristorante Al Tucano
Renzo Armaroli e la moglie Ines Morselli davanti all'ingresso del ristorante Al Tucano

Un locale leggendario in Largo Garibaldi, a pochi passi dal teatro Storchi: tra i clienti anche Adriano Celentano e… James Bond

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MODENA. Erano gli anni Sessanta. Modena era una realtà in cui il tempo era sospeso tra il rombo dei motori e l’eleganza discreta di un'Italia in pieno fermento. Largo Garibaldi, cuore pulsante della città, si affollava di uomini d’affari, ingegneri, piloti e artisti. Qui, non lontano dalle Scuderie Ferrari e Maserati, tra una cena e un contratto, si costruiva il mito dell’automobilismo italiano. A pochi passi dall’ottocentesco Teatro Storchi, proprio accanto al Palazzo dei Cento Caproni, residenza di Enzo Ferrari, c’era un luogo che racchiudeva tutto ciò: Il ristorante Tucano.

Il figlio del gestore
Oggi non esiste più, è rimasto sepolto dal tempo. Ma la sua leggenda sopravvive, forte, nei racconti di chi ne conserva gelosamente il ricordo, come Roberto Armaroli. Roberto è il figlio di Renzo Armaroli, gestore del Tucano. È malato, e con una voce affaticata, ma ancora viva di passione, racconta i giorni dorati di un locale che, per Modena, è stata una vera e propria istituzione.
«Il Tucano nacque nel 1961 - comincia a ricordare - Io ero solo un ragazzo allora, ma ricordo bene l'aria che si respirava». Era una mescolanza di eleganza e calore, tra tovaglie bianche e piatti che celebravano la tradizione modenese nella sua semplicità più autentica.

Enzo Ferrari cliente fisso

«Non facevamo nulla di troppo sofisticato - continua Armaroli - tortellini, tortelloni… il classico della nostra cucina. Ma era quella semplicità buona che piaceva proprio a tutti. Soprattutto a Enzo Ferrari, che nel nostro ristorante aveva una saletta riservata solo per lui. Veniva quando voleva stare tranquillo, lontano da occhi indiscreti. Lì, tra quelle mura, ha firmato un contratti importanti con imprenditori, piloti, collaboratori». In quegli anni chiunque arrivasse a Modena sapeva benissimo che il Tucano era una tappa obbligatoria. Simone Signoret, la celebre attrice francese, cenava lì con il pilota Jean Behra. Adriano Celentano si affacciava senza Claudia Mori, che all'epoca era incinta, e faceva il suo ingresso con l’aria di chi è consapevole di essere una star.

Quella sera con... James Bond
«Un giorno, nel cortile del ristorante, si fermò la famosa macchina di James Bond - ricorda Roberto con un sorriso affettuoso - Non ho mai visto così tanta gente in giardino. Ogni serata al Tucano poteva trasformarsi in uno spettacolo». Eppure, Roberto non poté mai vivere pienamente quella magia. «Mio padre ha voluto a tutti i costi che facessi il banchiere - spiega - Pensava che fosse un lavoro più sicuro, più rispettabile. E così, mentre io aiutavo come potevo al ristorante, il mio sogno restava inespresso».

Dalla famiglia Andreoli alla famiglia Lodi

Poco dopo la famiglia Armaroli, è subentrata la famiglia Lodi: uno scambio tra parenti. La madre di Adamo Lodi, infatti, era cugina di Renzo Armaroli. Con loro, il Tucano ha continuato a brillare. Sono state organizzare varie presentazioni della Ferrari, tra un tavolo e l'altro, con la presenza di Enzo Ferrari stesso e i piloti di allora. Claudia Lodi, figlia di Adamo, ricorda ancora con tenerezza cosa pensava da appena quattordicenne mentre aiutava la famiglia nella gestione del ristorante: "Era sempre una magia - afferma -  A oggi non riuscirei nemmeno a trovare il mio ricordo preferito tra quelli che ho, perché ce ne sono troppi!".

Cosa resta del Tucano

Del Tucano restano pochi cimeli. Un menù firmato da Ferrari, che la famiglia Armaroli conserva come una reliquia. Un’insegna, la cui gemella è al museo Civico di Modena. E, soprattutto, i ricordi di chi, come Roberto, ha avuto la fortuna di sedersi a quei tavoli, di respirare l’atmosfera elettrizzante di un luogo che, anche senza volerlo, è diventato leggenda.

Oggi, mentre il tempo scivola via, Roberto ripensa con orgoglio e rimpianto a quei giorni che sembrano appartenere a un altro mondo. Un mondo che molti non hanno vissuto ma che, come dice Roberto, «fa provare nostalgia anche a chi non c'era».