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L’intervista

Carlo Calenda: «Stellantis smantella tutto e il governo non sa che fare»

di Giovanni Medici
Carlo Calenda: «Stellantis smantella tutto e il governo non sa che fare»

Il senatore, segretario nazionale di Azione: «L’ex Fiat chiede ai fornitori di spostarsi in Polonia, la fusione con Renault è impercorribile. Maserati? I dati sono sotto gli occhi di tutti, è sull’orlo del fallimento. Siamo in piena crisi industriale e si annuncia un 2025 disastroso: occorre agire»

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MODENA. «Siamo alla vigilia di una crisi drammatica, Stellantis è in grande difficoltà ma il Governo non ha un piano di politica industriale per l’auto, in un momento di emergenza nazionale». Il senatore Carlo Calenda, segretario nazionale di Azione, definisce «un criminale atto di noncuranza» il fatto che la politica italiana preferisca dividersi su destra, sinistra, campo largo e nessuno faccia niente per questo settore strategico.

L’automotive e la meccanica sono la colonna portante dell’economia italiana. Lei pensa che ci sia in Italia una sottovalutazione della situazione? Da parte di chi?

«Siamo nel pieno di una tempesta globale e nell’assoluta indifferenza della politica. Il problema lo sollevai quando Fiat vendette nel 2018 Magneti Marelli, poi quando Fca ricevette una garanzia pubblica di 6,3 miliardi, per consentire agli azionisti di pagarsi un dividendo in Olanda da 3,9 miliardi e di fatto vendere la ex Fiat a Peugeot. Il Governo non ha una politica industriale da anni ma anche la sinistra non ci sente. Ormai però la situazione non è più gestibile, siamo in piena crisi industriale e il 2025 sarà disastroso sotto questo punto di vista».

Si è detto che il calo di produzione di auto registrato negli ultimi mesi sia figlio di due fattori: la Germania e Stellantis…

«I tedeschi stanno comunque meglio di noi, vendono ancora molto di più. Stellantis alla fine dell’epoca di Marchionne commercializzava un milione di veicoli tra auto e commerciali, oggi è invece sotto i 500 mila, brucia miliardi di cassa e ha bloccato l’investimento nella gigafactory di Termoli. Nel 2025 scade la Cassa integrazione per la componentistica e a rischio ci sono anche decine di migliaia di operai dell’indotto. Ma lo sa che è la stessa Stellantis che dice ai fornitori di spostarsi in Polonia?»

Lei si è fatto promotore della convocazione di Tavares alla Camera il prossimo 11 ottobre, affinchè dia risposte al paese di quanto succede: cosa si aspetta da questo incontro?

«E’ incredibile che siano state le opposizioni a chiederlo e non il Governo. Cosa mi aspetto? Tavares, che magari tra un anno non sarà più al suo posto, ne approfitterà per dipingere un quadro drammatico e chiedere il sostegno pubblico…».

Quello che hanno sempre fatto peraltro gli Agnelli…

«Sì, però pochi parlano delle responsabilità degli Elkann. Anche la sinistra: d’altronde Elkann si è comprato Repubblica e Stampa, giornale, quest’ultimo, da cui sono completamente sparito guarda caso».

Cosa pensa dell’ipotesi di fusione tra Stellantis e Renault?

«Sono troppe le sovrapposizioni tra i modelli dei due gruppi, non è una strada percorribile secondo me».

Lei ha lavorato 5 anni in Ferrari. La situazione di Maserati è molto deficitaria.

«Io mi occupai del ritorno del Tridente in Usa. Doveva essere la nuova Porsche ma oggi non ha modelli. Gli ultimi dati sul calo produttivo del marchio sono sotto gli occhi di tutti, è smantellata, sull’orlo del fallimento. E non fa ricerca. Pensi che i brevetti Stellantis in Italia sono un decimo di quelli registrati in Francia… C’è poi il tema del calo delle vendite nel settore del lusso in Cina, mercato di sbocco per i nostri prodotti. E presto ce ne accorgeremo non solo nell’automotive…».

L’industria dell’auto europea come può fronteggiare questa crisi?

«La scelta di puntare sull’auto elettrica è stata una scelta demenziale dei socialisti europei. Il mercato non si è sviluppato e aumentano le quote delle auto cinesi che costano meno. Oggi il 20% di chi l’ha acquistata tornerebbe ad auto ‘tradizionali’. In Europa ci sono 13 milioni di addetti nel settore, che vale il 7% del Pil. La nuova Commissione ha poteri molto limitati, i socialisti non ci sentono. La proposta di Confindustria di anticipare i tempi della discussione sullo stop al motore endotermico? E’ un pannicello caldo. La scelta del Ministro Urso di aprire ad un produttore cinese che poi si limiterebbe a montare componenti prodotti altrove è sbagliata».

Quali le sue proposte?

«Dazi al 100% sulle auto cinesi, diminuzione delle sanzioni ai costruttori europei che non rispetteranno le quote di emissioni e che oggi rischiano 15 miliardi di multe, spostamento del limite del 2035 di 5 anni: poi un piano quinquennale per incentivare lo svecchiamento del parco circolante, Cassa integrazione finalizzata al mantenimento della forza lavoro e al ritorno dall’estero delle produzioni in Italia e sconti sull’energia. Proprio oggi (ieri, ndr.) assieme agli altri gruppi dell’opposizione abbiamo deciso di presentare una proposta alternativa per salvare la filiera».

Automotive infatti non significa solo Stellantis ma anche la componentistica.

«Il settore vale 166 mila addetti e 2100 imprese. Stellantis impatta per il 50 % su di loro. Intanto il Piano Transizione 5.0 deciso dal Governo ha stanziato 6 miliardi ma per ora ha raccolto solo richieste dalle imprese per dodici milioni di euro, è una iniziativa fatta malissimo. E il Governo non intende applicare la ‘golden power’ sulla vendita della quota di maggioranza di Comau, ultimo baluardo europeo della robotica, che finirà ad un fondo Usa».

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