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L'intervista

Nucleare nel distretto sassolese, il ministro Pichetto Fratin rilancia: «Un futuro sicuro e conveniente»

di Giovanni Balugani
Nucleare nel distretto sassolese, il ministro Pichetto Fratin rilancia: «Un futuro sicuro e conveniente»

Rinnovata la proposta per la zona di Sassuolo, Fiorano, Maranello e Formigine: «Opportunità per i settori energivori che l’Italia vuole garantire dal 2030»

27 settembre 2024
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SASSUOLO. «Nucleare per le ceramiche del distretto sassolese: energia sicura e conveniente».
Rilancia la sua proposta Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica: l’esponente di Forza Italia è convinto che sia la soluzione ideale, un’idea che già lunedì aveva lanciato al Cersaie.

Ministro, dunque nucleare anche per le ceramiche?
«Nucleare per i distretti industriali maggiormente energivori: per la ceramica come per il vetro, per la carta come per l’acciaio. Si tratta di una opportunità che l’Italia vuole garantire a partire dal prossimo decennio al sistema produttivo del Paese affinché anche le imprese italiane abbiano la possibilità di avere energia a prezzi concorrenziali rispetto alle aziende che operano in Francia, in Germania o in Spagna. Oggi alle nostre famiglie e imprese l’energia costa molto di più ed è uno svantaggio competitivo importante che abbiamo il dovere di colmare».

A che tipo di tecnologia si pensa?
«Parliamo di nucleare di quarta generazione, pulito e sicuro, per nulla paragonabile a quello di prima o seconda generazione – modello Chernobyl – e neppure simile a quello di terza generazione, presente ancora oggi in Francia e in altri paesi vicini geograficamente all’Italia. Ricordo che l’Italia acquista quotidianamente energia nucleare dalla Francia».

Si pensa appunto subito alle grandi centrali francesi e ovviamente la mente va a Chernobyl.
«Questa è la prima grande fake news da sfatare. Il nucleare sostenibile di quarta generazione non prevede la costruzione di grandi centrali, come è per le vecchie tecnologie. Si tratta di moduli, costruiti “in serie”, capaci di produrre energia pulita e sicura sufficiente per servire un distretto industriale, come ad esempio quello sassolese. Ma saranno le aziende a decidere se avvalersi o meno di questa opportunità, delle nuove tecnologie che mette a disposizione la ricerca. Lo Stato, nella nostra visione, farà soprattutto da garante e regolatore del mercato».

Quali i punti di forza di questa nuova tecnologia?
«Sarà determinante per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione che il mondo si è posto. Solo con le rinnovabili tradizionali, che stiamo spingendo al massimo e che continueremo a sostenere, non ci potremo riuscire. Ricordiamo infatti che il nucleare andrà a sostituire il carbone, il petrolio e il gas, che sarà l’ultima fonte fossile a essere eliminata, in prospettiva 2050, perché è la meno impattante sull’ambiente e il clima. E poi ci sono altri due aspetti da considerare: la sicurezza energetica e la protezione del paesaggio».

Come fa il nucleare a proteggere il paesaggio?
«Un modulo nucleare capace di produrre 300 megawatt di energia ha bisogno di circa 5 ettari di territorio, comprese le zone di servizio e sicurezza. Per ottenere pari produzione di energia col fotovoltaico ne servono almeno 2mila da riservare ai pannelli. Il nucleare produce al massimo della potenza per 8mila ore l’anno. Il fotovoltaico in media 1.200. Il rapporto è uno a otto».

Da un punto di vista economico, quali sono i vantaggi?
«Al momento parliamo di stime e di prospettive. Dal 2035 al 2050, immaginando di inserire nel nostro mix energetico una quota di nucleare tra l’11 e il 22%, il risparmio per il Paese potrebbe andare da un minimo di 17 a un massimo di 34 miliardi di euro. Parliamo di stime in un arco temporale di 15 anni ma questo è quello che ci dicono gli esperti. Un vantaggio economico che potrebbe superare i due miliardi l’anno».

Quali sono i tempi?
«A cavallo del nuovo decennio. Ci aspettiamo l’inizio della produzione industriale dei moduli per i primi anni Trenta. I più importanti progetti di ricerca a livello mondiale vedono gli italiani tra i principali protagonisti. Un’Italia che nonostante tutto continua a essere protagonista assoluta nel campo della ricerca e della sperimentazione. Non abbiamo perso insomma, fortunatamente direi, la tradizione che ci deriva dall’essere il Paese di Enrico Fermi».

Qual è stata la reazione degli industriali alla proposta?
«È sufficiente ascoltare le parole del presidente Orsini in occasione dell’assemblea annuale di Confindustria, che si è tenuta giusto la scorsa settimana: “L’Italia è chiamata a nuove scelte coraggiose. Per cominciare – ha specificato Orsini – siamo convinti che il ritorno al nucleare sia strategico”. Parole chiare, che condivido pienamente e per le quali ringrazio ancora il nuovo presidente di Confindustria. La presenza convinta degli industriali italiani è molto importante per il Governo».

Sicurezza e scorie. Come si può definire sicuro il nucleare?
«I rifiuti nucleari solo di due tipi: quelli ad alta intensità, che sono quasi per intero in Francia e in Inghilterra e che dovremo mettere in depositi geologici che bisognerà valutare seriamente dove fare. Non si esclude l’ipotesi di un deposito unico europeo. E poi ci sono i rifiuti a bassa e media intensità, di carattere prevalentemente sanitario, prodotti quotidianamente dagli ospedali civili italiani, che in questo momento sono stoccati un po’ ovunque nel Paese. In tutte le regioni italiane ci sono depositi di questo tipo. La volontà è di concentrare questi rifiuti in un unico deposito nazionale per ragioni economiche, perché è uno spreco di fondi pubblici tenere attivi tanti luoghi di stoccaggio, e per motivi di sicurezza».

Se avesse un messaggio per gli enti locali, quale sarebbe?
«Se fossi il sindaco di un paese, se governassi un territorio che ha le caratteristiche richieste per il deposito nazionale, farei a gara per proporre e sostenere la candidatura del mio comune. In totale e assoluta sicurezza, garantirei alle famiglie e alle imprese di quel territorio benefici straordinari grazie alle opere a sostegno dell’iniziativa previste dalla legge. A pericolo zero, lo ribadisco».

L’Italia è il Paese dei “comitati”. Teme la nascita di un movimento locale contrario all’idea?
«Ci saranno sicuramente e sarà un bene per un confronto democratico completo. Mi auguro che i cittadini, gli amministratori e il mondo dell’associazionismo possano esprimersi sulla base delle informazioni fornite dagli esperti sulle nuove tecnologie di oggi. Il rischio che un tema così importante per il futuro del Paese possa essere strumentalizzato con argomenti superati e sconfitti dalla storia e dalla scienza sarebbe una vera beffa, uno sperpero di risorse, una dilapidazione di speranze. I nostri giovani hanno il diritto di avere dalle generazioni più adulte strumenti che consentano loro di poter competere senza svantaggi con i loro coetanei nei prossimi decenni. I fantasmi del passato non possono tenere ancora bloccato un Paese che vuole correre, che vuole competere. La difesa dell’ambiente si fa con la tecnologia, non chiudendosi dietro ideologiche posizioni da trincea ideologica di cinquant’anni fa».