Gazzetta di Modena

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L’operazione dei carabinieri

Badanti sfruttate: tre in carcere per caporalato: indagini anche a Modena

Badanti sfruttate: tre in carcere per caporalato: indagini anche a Modena

Sfruttate con lavoro h24 sette giorni su sette. Casi anche a Campogalliano, Carpi, Formigine, San Prospero e Serra

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Modena Coinvolge anche Modena e provincia l’inchiesta sul caporalato e lo sfruttamento delle badanti condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Bologna. Ci sono stati infatti casi segnalati anche a Modena, Campogalliano, Carpi, Formigine, San Prospero e fino a Serramazzoni.

Le indagini sono state coordinate dal sostituto procuratore Stefano Dambruoso della Procura di Bologna, titolare delle indagini, e dal giudice per le indagini preliminari Maria Cristina Sarli. I carabinieri della Compagnia Bologna centro, col supporto dei militari dei Comandi provinciali di Bologna, Ferrara e Reggio Emilia, e del Nucleo carabinieri Ispettorato del Lavoro di Bologna, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre soggetti gravemente indiziati di aver costituito un’associazione per delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (il cosiddetto “caporalato”) e alle truffe aggravate.

La denuncia e le indagini

L’indagine è partita da una denuncia presentata presso la stazione carabinieri di Bologna San Ruffillo nell’ottobre 2023 da una donna la quale, trovata costretta ad assistere un anziano congiunto, si era rivolta ad un’associazione gestita dai tre arrestati. Gli interlocutori della malcapitata, secondo un copione precostituito, già interpretato decine di volte, facevano immediatamente sottoscrivere alla donna un “pacchetto trimestrale” per il servizio richiesto, previo pagamento dell’importo di 3.400 euro, corrisposti tramite bonifico effettuato sul conto corrente intestato alla medesima associazione. Successivamente, una donna, che aveva assunto il ruolo di “caporale” e quindi anch’ella tra gli arrestati, provvedeva a reclutare e fornire alla famiglia richiedente, nel giro di pochissimo tempo, le badanti, tramite pubblicazione di annunci di lavoro su varie piattaforme social e siti internet, nonché a gestirle materialmente, accompagnandole personalmente presso le case dei (malcapitati) clienti.

Senza regole

Fino a questo punto tutto normale, se non fosse per il fatto che le badanti non avevano nessuna formazione e/o competenza specifica e, allorquando le famiglie ne chiedevano la sostituzione, non ricevevano più alcuna risposta dall’associazione, che spariva nel nulla. Come se non bastasse, i contratti sottoscritti dalle medesime non venivano registrati, facendo venire meno qualsivoglia forma di tutela e copertura assicurativa. Non solo: le badanti venivano costrette, sotto minaccia di licenziamento, a lavorare senza tregua, spesso h24 e sette giorni su sette, senza avere giornate di riposo, con regole e retribuzione completamente difformi dai contratti collettivi nazionali previsti per tale categoria. Un lavoro “selvaggio” insomma, che le badanti accettavano per bisogno, non conoscevano neanche, in diversi casi, quali erano i loro diritti.

I casi

Dalle indagini scaturite dalla denuncia è emerso un quadro allarmante, con molteplici casi: 18 quelli su cui i carabinieri sono riusciti a fare luce fino ad oggi, tra le province di Bologna, Ferrara, Modena, Reggio, Parma e Firenze. A Modena gli altri comuni coinvolti sono appunto quelli di Campogalliano, Carpi, Formigine, San Prospero e Serra. L’attività del sodalizio criminale in un anno circa ha fruttato un giro da 420mila euro. I carabinieri hanno dato esecuzione anche ad un provvedimento di sequestro, che ha consentito di bloccare oltre 100mila euro sui conti correnti nella disponibilità dei tre arrestati.