Gazzetta di Modena

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La gang criminale

La banda "Ak 47 Carpi" che sfruttava e picchiava i corrieri: arrestato anche il braccio destro del capo

di Gabriele Canovi
La banda "Ak 47 Carpi" che sfruttava e picchiava i corrieri: arrestato anche il braccio destro del capo

Il trentenne pakistano andrà in carcere: era l’amministratore unico della società con cui riciclavano denaro

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CARPI. Secondo il quadro degli inquirenti, lui era il braccio destro del capo della banda. Ricopriva un ruolo di spicco: era l’amministratore unico della società con cui il gruppo riciclava denaro ed era anche riuscito a sfuggire alla cattura nell’aprile scorso, fuggendo all’estero.

Si arricchisce di una nuova puntata la vicenda che riguarda la gang “Ak 47 Carpi”, ovvero l’organizzazione che sfruttava e aggrediva i corrieri e che è stata smantellata, mesi fa, con una maxi operazione, dalla Digos di Modena con la collaborazione del Commissariato di polizia di Stato di Carpi coordinati dalla Procura. Le indagini, però, non si sono fermate e dal giorno degli arresti (era il 30 aprile, ndr) sono andate avanti senza tregua con l’obiettivo di chiudere il cerchio.

L'arresto
Ecco, sabato scorso la polizia di Stato di Modena, insieme ai colleghi della Frontiera aerea di Bologna, ha arrestato il trentenne pakistano che era sfuggito alla cattura quattro mesi fa. L’uomo, sempre monitorato dalla Digos, è stato rintracciato all’aeroporto Marconi di Bologna di rientro da Dubai. È ritenuto, come detto, l’amministratore unico della società utilizzata per riciclare il denaro – ditta di cui il capo della gang risulta essere titolare al 100% – ed è accusato di aver aggredito e minacciato di morte un corriere durante uno sciopero presso lo stabilimento “Sda” di Modena. Il trentenne ora si trova in carcere a Bologna, in attesa dell’interrogatorio di garanzia che si terrà oggi.

La banda del kalashnikov
Tutto era partito dalla denuncia di un lavoratore. Una denuncia da cui è emersa una realtà fatta di corrieri sfruttati, violente aggressioni e spedizioni punitive con coltelli, mazze ferrate, bastoni. Sullo sfondo, la città di Carpi e protagonisti i membri della gang del kalashnikov, smantellata con la maxi operazione dell’aprile scorso in cui è stata data esecuzione a due distinte ordinanze di custodia in carcere per venti indagati (tutti uomini pakistani).

Le indagini
Le indagini hanno preso il via nel 2021 dopo la coraggiosa denuncia di un lavoratore che aveva subito minacce, culminate in una violenta aggressione, in occasione di una riunione sindacale da parte di alcuni degli indagati. Aveva riportato lesioni gravi e 166 giorni di prognosi. Gli investigatori hanno ipotizzato l’esistenza di un’associazione a delinquere, composta da pakistani, per la maggior parte residenti a Carpi considerati autori di gravi azioni criminali realizzate, di fatto, in totale “obbedienza” alle volontà e agli ordini del boss.
La maggior parte degli indagati era dipendente di una società di servizi logistici legati al trasporto di merci con sede legale nel vicentino – estranea ai fatti – che aveva in appalto la manodopera dei corrieri all’interno di una nota società di spedizioni. Gli indagati reclutavano lavoratori pakistani e lucravano sulle loro retribuzioni, facendosi consegnare una quota.

Come operava la gang
L’analisi della documentazione bancaria, relativa ai rapporti tra le società committenti e le quattro imprese individuali riconducibili al capo dell’organizzazione, ha permesso di scoprire una movimentazione in pochi mesi di oltre un milione e mezzo di euro. I membri i “Ak 47 Carpi” sfruttavano la capacità di incutere timore nelle vittime dei reati. Lo facevano con pesanti minacce di ritorsione anche nel paese di origine. Si era instaurato un rapporto di collaborazione con una società per azioni operante nel settore della logistica; rapporto che ha permesso ai membri dell’associazione di alimentare una lucrosa attività di caporalato. Riuscivano a reperire anche senza preavviso e di notte manodopera a basso costo. C’è di più: due degli indagati all’epoca erano rappresentanti sindacali aziendali presso due società di spedizione. Chi si ribellava diventava quindi vittima di pestaggi con pestaggi con mazze ferrate e coltelli.