Modena, l’autista di bus che lascia Seta: «Turni insostenibili e ingiustizie»
Mauro Caruso ha dato le dimissioni dall’azienda di trasporto pubblico locale dopo 7 anni: «Turni dall’alba al tramonto fisicamente insostenibili»
MODENA. Nella vita ha sempre voluto fare l’autista. Era il lavoro di suo padre, e aveva ereditato da lui la passione per la guida. Gli piaceva guardare il mondo scorrere dal parabrezza, vedere volti, conoscere persone.
A 21 anni, appena presa la patente, si è subito messo al volante facendosi ingaggiare da qualche agenzia privata. Una volta arrivato in Emilia Romagna dalla Sicilia ha voluto fare un cambio radicale: voleva sicurezza, quella che solo un contratto a tempo indeterminato sa dare. Così, nel 2017, ha fatto un concorso regionale per Seta, ed è stato assunto come autista per la provincia di Modena.
Ma dopo sette anni, ha dovuto rinunciare a tutto. Il motivo? «Turni di lavoro folli, salari bassi, e nessuna mano tesa in nostro aiuto», afferma Mauro Caruso, lavoratore storico di Seta, che ha deciso di abbandonare il suo impiego da autista e di cambiare radicalmente mestiere. «Ho subito troppe ingiustizie che nessuno ha voluto ascoltare, nonostante diverse mie segnalazioni».
Mauro Caruso, 41enne siciliano, è modenese d’adozione. È stato assunto da Seta per mezzo di un concorso regionale, «uno degli ultimi concorsi che hanno fatto», commenta. «Da un certo punto in poi – spiega l’ex autista – hanno smesso di selezionare futuri dipendenti tramite la Regione, e hanno iniziato a ingaggiarli per mezzo di banchetti nei centri commerciali o di agenzie. Questo perché oggi fanno fatica a trovare autisti, sono più quelli che se ne vanno che quelli che arrivano. E io li capisco perfettamente».
Caruso stesso si è tirato fuori. Dopo sette anni di servizio, il 3 giugno ha fatto il suo ultimo giorno di lavoro. Poi, ha dato le dimissioni, e ha deciso di lasciar stare il mondo dei trasporti. Per sempre: «Negli ultimi quattro anni la gestione di noi dipendenti è davvero degenerata – racconta – Sono state tante le motivazioni che mi hanno spinto a fare pace con me stesso e abbandonare il mio lavoro dei sogni. Primo tra tutti sicuramente il fatto che per fare questo mestiere ho dovuto sacrificare tanto della mia vita privata. Chiedevano di fare turni folli, “dall’alba al tramonto”, come mi piace chiamarli».
Ebbene, gli orari lavorativi gli impiegavano tutta la giornata, volente o nolente. La sua routine iniziava presto, di modo che potesse seguire le corse dei ragazzi che vanno a scuola e degli impiegati che devono timbrare presto il cartellino al lavoro. Da quel momento in poi, non gli restava che guidare tutto il giorno, spezzando le varie corse con lunghe pause lontano da casa o dal deposito di appartenenza, senza possibilità di avere un reale ristoro o riposo. «Io appartenevo al deposito di Sassuolo – spiega Caruso – ma difficilmente riuscivo a sostare a casa mia per pranzo. I turni “alba-tramonto” erano fisicamente e mentalmente stressanti. Se mi capitava di fare durante la mattinata due corse a Modena, poi ero costretto a restare fermo lì per ore in attesa delle corse successive che mi spettavano. Negli ultimi anni durante queste pause ci veniva chiesto di coprire corse straordinarie a causa della mancanza di personale, specialmente per le linee dirette al Policlinico e Baggiovara, che sono molto attive. Molti lavoratori accettavano, superando spesso i limiti di ore settimanali per gli straordinari. Era sempre così, qualche corsa e poi delle lunghe soste spesso da solo. Fino a sera. Non avevo più spazi per bilanciare il lavoro e la mia vita personale. E anche se li avevo, facevo fatica ad organizzarmi a causa dell’assegnazione dei turni, che gran parte delle volte non ci venivano comunicati nemmeno con 24 ore di preavviso».
Insomma, molto spesso l'operatore Seta vagava nell’incertezza finché non arrivava nel suo deposito la mattina stessa: solo in quel momento veniva a sapere le ore da totalizzare nel corso della giornata. E il salario, d’altra parte, non lo ripagava come avrebbe dovuto: «Parliamo di stipendi bassi per la maggior parte di noi dipendenti», confessa l’ex autista. Dal 2012, infatti, è stato introdotto un contratto diverso per i lavoratori, che ha creato parecchie divisioni tra i vecchi e i nuovi assunti. «A noi neo guidatori pagavano meno: facendo gli straordinari potevamo arrivare a guadagnare 1300 euro circa. Non di più. Ma gli screzi tra i membri del personale non nascevano dai salari. Per l'azienda era più conveniente assegnare i turni più difficili a noi che eravamo stati assunti dopo il 2012, perché gli costavamo meno pur facendo di più. Alla lunga è iniziato a diventare frustrante».
Tutte le questioni elencate sono state fatte presenti ai vertici della nota società di trasporti, che durante questi anni pare però che non abbia battuto ciglio: «Mi sono sempre battuto per i diritti di noi lavoratori, e continuo a farlo anche adesso, sperando che le mie parole possano ancora sensibilizzare qualcuno. L’ho fatto per mezzo dei sindacati, protestando più volte, e mostrando tutto il mio dissenso su determinate dinamiche finché ho potuto. Il 29 di maggio, durante l’ultimo incontro che ho avuto con la società prima delle mie dimissioni, ho letto pubblicamente un discorso in cui elencavo le ragioni delle mie dimissioni e spiegavo i motivi per cui c’è carenza di autisti. Una volta che mi sono rimesso a sedere perché avevo finito di parlare, mi è stato detto solo: “E per chi vai a lavorare se ti licenzi?”. Ecco, lì ho capito molte cose, e non sono tornato indietro sulla mia decisione iniziale di mollare tutto e cambiare completamente mestiere. Lì ho capito - conclude - che prima di essere un uomo per loro ero un lavoratore».