Perdona il compagno che l'aveva offesa e maltrattata: «Giudice, lo faccia tornare a casa»
Una 30enne di San Felice aveva ricevuto più volte insulti: «Sei obesa, fai schifo». L'uomo, un 36enne, era dovuto andare via di casa per il divieto di avvicinamento
SAN FELICE. Ha preso carta e penna e ha messo nero su bianco la sua richiesta: quella di revocare la misura cautelare che impediva al compagno di tornare a casa a causa del procedimento per maltrattamenti familiari avviato a partire dalla sua denuncia. «Sono sicura – ha scritto in una lettera inviata al giudice, presidente del collegio – che il mio compagno ha capito e che in futuro si comporterà bene. Non ha mai utilizzato violenza fisica nei miei confronti».
Così la donna, che ha rimesso la querela, ha ottenuto che il compagno tornasse a casa: è lui, come lei stessa ha scritto su quel foglio inviato con raccomandata al tribunale, a prendersi cura dei loro quattro figli (due dell’uomo avuti da una precedente relazione e due di entrambi) mentre lei – il cui stipendio è l’unico reddito in famiglia – è a lavoro.
È stato nel mese di marzo che la donna, una 30enne, esasperata dai comportamenti pesanti del compagno, un 36enne, andando alla stazione carabinieri di San Felice, dove la famiglia risiede. E lì ha raccontato di quei presunti maltrattamenti che si sono verificati da maggio 2022 a metà marzo di quest’anno. La 30enne ha raccontato di continue offese rivolte nei suoi confronti dal compagno, ingiurie riferite soprattutto alla sua forma fisica: «Sei obesa», le diceva, insieme a una serie di parole più pesanti, in presenza dei figli minori. Un clima di paura e sopraffazione quello che, almeno in sede di denuncia, sembrava che si fosse venuto a creare in casa: con il 36enne che avrebbe anche sputato addosso alla presunta vittima, con continue reazioni aggressive anche sbattendo i mobili di casa. L’uomo a quel punto ha immediatamente dovuto abbandonare la casa familiare: per lui è scattata la misura dell’allontanamento, il divieto di comunicare con le vittime, e il divieto di avvicinamento a una distanza minore di 500 metri, con tanto di braccialetto elettronico. Ed è finito a processo, con richiesta di giudizio immediato, davanti al collegio. Nonostante la donna abbia poi ad un certo punto deciso di ritirare la querela: sì, perché per reati come i maltrattamenti familiari si procede d’ufficio. Ed ecco allora che, come detto, la 30enne a un certo punto ha deciso di scrivere al giudice: «Mia figlia – ha scritto – sente molto la sua mancanza ed è in ansia», ha spiegato la donna, aggiungendo che il compagno si è comportato bene e che «l’episodio della denuncia può essere considerato un normale litigio familiare». «Quindi sono a pregarla di ritirare la misura cautelare applicata e permettere al mio compagno di tornare a casa. Anche perché io sono l’unico reddito in famiglia e non posso permettermi di perdere il lavoro».
Ad assistere la 30enne c’è l’avvocato Saverio Malaguti: «Nella mia veste di legale di fiducia della persona offesa dal reato volevo evidenziare come la misura cautelare sia stata del tutto legittimamente applicata dall'Autorità giudiziaria anche laddove non si siano verificate percosse di sorta o comunque maltrattamenti propriamente “fisici”. Ciò in quanto, oltre a prevedere ciò l'ordinamento è anche del tutto plausibile nell'ottica dell'attività di prevenzione che la legge ricollega a tali tipi di reati che, a ben vedere, non di rado sono la cosiddetta “anticamera” di fatti tragici quali i femminicidi ed avverso i quali lo Stato sta approntando tutti i rimedi possibili per debellarli. Quindi, nel caso di specie, l'applicazione delle misure cautelari è, non solo del tutto condivisibile, ma è anche stato l'esito di una valutazione di doverosità del tutto corretta da parte dell'Autorità. Siamo comunque ben lieti che la misura poi sia stata revocata come richiesto in udienza dalla parte offesa, dal sottoscritto rappresentata e difesa. E ciò sulla scorta del fatto, propedeutico, che l'imputato ha diligentemente obbedito alle prescrizioni cautelari imposte dall'Autorità; condotta che, a ben vedere, oltre ad allontanare il pericolo di epiloghi violenti, altresì conduce a sperare concretamente per una futura convivenza civile fra le parti in seno alla numerosa famiglia costituita».