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Il caso

Modena, dilaga il caporalato: irregolare il 50% delle aziende

di Stefania Piscitello
Modena, dilaga il caporalato: irregolare il 50% delle aziende

I carabinieri in 28 aziende agricole: 40 addetti non a norma e cinque in nero

25 luglio 2024
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MODENA. La maggior parte sono lavoratori stagionali, e oltre il 50 per cento non è italiano. E la lingua è uno scoglio non da poco: anche a causa della difficoltà nel parlarla, sono tanti i casi di chi non ha frequentato la formazione sulla sicurezza sul lavoro. Sono i braccianti del settore agricolo, spesso purtroppo vittime del caporalato costretti a lavorare sotto il sole cocente per ore, sottopagati e senza tutele reali: in questi giorni è partita la campagna delle Brigate del lavoro della Flai Cgil di Modena, con il “furgone dei diritti” che gira tra i campi per intercettare i lavoratori e raccogliere eventuali segnalazioni. E proprio lì, nei campi, si è concentrato un servizio congiunto di vigilanza straordinaria su varie province. A Modena i dati sono preoccupanti: la metà delle aziende controllate sono risultate irregolari.

I numeri

Nella provincia di Modena sono state controllate 28 aziende di cui 14 sono risultate irregolari – si parla quindi del 50 per cento – e 5 sospese (18 per cento). I lavoratori controllati sono stati 124, dei quali 40 irregolari (32 per cento) e 5 completamente in nero. Ancora, di questi 124 controllati, 22 sono risultati contrattualizzati dopo che nella provincia di Latina il bracciante indiano Satnam Singh è morto dopo avere perso un braccio ed essere stato lasciato in strada agonizzante.

È il bilancio del servizio congiunto effettuato dai carabinieri per la Tutela del lavoro, l'Ispettorato nazionale del lavoro e l'Inps nel settore agricolo nelle province di Modena, Mantova, Latina, Caserta e Foggia. Complessivamente sono state ispezionale 109 aziende agricole: 62 presentavano irregolarità (56,9%), così come su 505 lavoratori controllati, 236 sono risultati irregolari (46,7 per cento), di cui 3 minorenni e 136 extracomunitari; 64 erano completamente in nero e, di questi, 23 erano privi di permesso di soggiorno. Sempre complessivamente, sono state sospese 27 attività, per un importo pari a 76.500 euro, di cui 17 per lavoro in nero, 7 per gravi violazioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e 3 per entrambe le ipotesi.

Denunciate a vario titolo 56 persone, di cui 3 per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento lavorativo, 46 per violazioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, 6 per violazione del Testo unico sull'immigrazione e una per furto di energia elettrica.

Il sindacato “di strada”

I lavoratori agricoli della provincia di Modena sono oltre 10mila: «Di questi – spiega Nicola Pezzolano, segretario del sindacato Flai Cgil Modena – l’80 per cento li chiamiamo “avventizi”, svolgono cioè attività stagionale. Questo significa che solo il 20-25 per cento è a tempo indeterminato. E la maggior parte, quindi oltre il 50 per cento sono lavoratori stranieri».

E, questo, porta a una prima criticità: «La non conoscenza della lingua italiana – prosegue Pezzolano – soprattutto ai fini della sicurezza rappresenta un grosso problema, per la gravissima mancanza di formazione dei lavoratori».

Sostanzialmente, un fenomeno che il sindacato ha notato è che sulla carta molti lavoratori hanno ricevuto, da legge, la formazione necessaria: «Ma ascoltandoli risulta che in realtà questa non c’è stata».

Irregolarità, queste, riscontrate anche nel Modenese, dove il sindacato Flai Cgil Modena sta portando avanti la campagna delle Brigate del lavoro che vede sindacalisti e delegati girare per le campagne per incontrare i lavoratori del settore agricolo, informarli sui propri diritti per non cadere nelle piaghe del caporalato e del lavoro nero.

«Siamo stati nelle zone di Mirandola e Carpi, continueremo su Modena, poi nel distretto di Castelfranco e in quello di Vignola. Approfittiamo di questi giri per portare acqua ghiacciata a questi lavoratori in queste giornate calde. Facciamo da vedetta per raccogliere eventuali segnalazioni. Spesso queste persone non sono a conoscenza dei loro diritti». Proprio perché il settore si basa prevalentemente su lavoratori stranieri, la Flai Cgil chiede «l’abolizione della legge Bossi–Fini che tiene incastrati in un meccanismo assurdo questi lavoratori che non vedono altra via di uscita che accettare qualsiasi condizione di lavoro pur di avere un reddito che gli permetta di rimanere sul territorio italiano».

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