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Il trattamento delle acque reflue di Modena consente nuovi impieghi: il viaggio dentro l’impianto di Hera

di Alberto Forest e Alessandro Cupido*
Il trattamento delle acque reflue di Modena consente nuovi impieghi: il viaggio dentro l’impianto di Hera

Le acque vengono depurate e poi risultano utili per scopi tecnologici e irrigui

17 luglio 2024
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MODENA. Dove finiscono le acque di scarico dopo che lasciano le nostre case? Le acque reflue compiono un preciso percorso di depurazione al fine di essere rilasciate, nel loro viaggio verso il mare, senza danneggiare l’ambiente.

Chi si occupa di questo processo, a Modena, è il Gruppo Hera, con il suo impianto, in via Alessandro Cavazza, che tratta le acque reflue della città, di Formigine e anche di alcune frazioni. «L’impianto ha una potenzialità massima di 500.000 abitanti equivalenti, mediamente ripulisce da 30 a 35 milioni di metri cubi d’acqua all’anno, ovvero, in condizioni di assenza di precipitazioni piovose, sono circa 1.000 litri al secondo». Così spiega Maria Cristina Beneventi, responsabile degli impianti di depurazione dell’area Modena del Gruppo Hera. «Le acque reflue, provenienti dalle nostre case, arrivano all’impianto attraverso condotte fognarie sotterranee; qui vengono rimosse le sostanze inquinanti e si restituisce al canale Naviglio acqua depurata». Il percorso inizia con un pretrattamento delle acque: una grigliatura per rimuovere i rifiuti più grossolani (come plastica, carta. Legno, fibre tessili); poi l’acqua subisce un trattamento di disoleatura e dissabbiatura, grazie al quale si eliminano grassi, oli e sabbie.

Il passaggio successivo è la depurazione vera e propria, che avviene per opera di batteri: è un ecosistema biologico. «Questi batteri - dice Maria Cristina Beneventi - che respirano grazie all’ossigeno fornito da membrane presenti sul fondo della vasca, si cibano delle sostanze biodegradabili prodotte dal metabolismo umano (azoto, fosforo e carbonio) , moltiplicandosi in colonie biologiche che, successivamente separate in apposite vasche, restituiscono un’acqua pulita. «La biomassa, viene poi trattata attraverso processi di digestione anaerobica per la produzione di biogas (il cui componente principale è il metano) , utilizzato per produrre energia elettrica».

Il processo non è ancora finito: ciò che resta del fango viene poi disidratato e inviato ad aziende che lo trattano per il riutilizzo in agronomia. «L’acqua depurata viene usata per scopi tecnologici (lavaggio macchinari e raffreddamento turbine) all’interno dell’area impiantistica di Hera, che ospita anche il termovalorizzatore. Un altro utilizzo oggi sempre più importante, vista la scarsità della risorsa, è il recupero per scopi irrigui, attraverso la rete dei canali utilizzati dagli enti preposti, come i Consorzi di Bonifica. La gestione di impianti diversi nella stessa area ha l’obiettivo di ottimizzare i consumi di energia, ricavando risorse utili da ogni processo».

Nell’impianto si genera, quindi, una sinergia: l’acqua depurata dall’impianto di depurazione viene riutilizzata in parte in agricoltura, come anche i fanghi essiccati usati come terriccio e in parte all’interno della stessa struttura per ripulire e raffreddare i macchinari. Il gas metano, prodotto dalla digestione anaerobica dei fanghi genera energia elettrica, così come il termovalorizzatore che, bruciando gli scarti, produce calore convertito in energia elettrica, successivamente utilizzata per far funzionare l’intero impianto. In questo modo l’impianto di Hera cerca di essere il più sostenibile possibile.

*Studenti del liceo linguistico Selmi