A Modena 250 persone senza casa, ecco le loro storie: «Così viviamo sulla strada»
Dal carpentiere separato al magazziniere arrivato dalla Tunisia: tutti lavoratori costretti a dormire in alloggi di fortuna
MODENA. Sono più di 250 le persone a Modena che risultano senza fissa dimora. Tra queste circa una sessantina vivono completamente in strada, cercando di giorno in giorno alloggi di fortuna in parchi e anfratti semi riparati. Il resto dei senzatetto o si è trovato un riparo presso immobili abbandonati, o dorme presso conoscenti o addirittura ha mendicato qualche posto letto in case trasformate in dormitori abusivi, in cui proprietari per la maggior parte italiani affittano posti letto per centinaia di euro (anche fino a 500-700 euro al mese) spesso in condizioni improponibili dal punto di vista igienico-sanitario.
I numeri di Porta Aperta
È questa la situazione allarmante che mette in evidenza chi opera nel servizio di volontariato e Unità di strada di Porta Aperta, i cui volontari sono impegnati tutti i giorni per far fronte a questa emergenza, peraltro in aumento, sia nella sede di San Cataldo dove quotidianamente vengono preparati oltre 200 pasti caldi e offerte più di 50 docce, sia girando di giorno e di notte con i pulmini dell’associazione per monitorare la situazione in vari luoghi della città. Molte di queste persone, come ci confermano sempre da Porta Aperta, sono lavoratori che, nonostante siano regolari sul suolo italiano e guadagnino uno stipendio mensile, non riescono a trovare un alloggio.
Le storie
Così, nel piazzale di Porta Aperta, per esempio, dorme Yussef (tutti i nomi riportati qui sotto sono di fantasia per tutelare la privacy delle persone), un ragazzo tunisino che ogni anno arriva a Modena durante la campagna di raccolta della frutta, poi c’è Yasser, anche lui della Tunisia che lavora a Campogalliano come magazziniere e mulettista e tutti i giorni si reca al lavoro in bicicletta. Al Direzionale 70 invece si incontra Alessandro, italiano, lavora con contratto a tempo indeterminato come carpentiere edile presso un’importante azienda modenese. È separato, e in una frazione di Modena vivono la ex moglie e il figlio di 7 anni. Con il suo stipendio deve mantenere la moglie disoccupata ed il figlio. Quello che gli rimane non è sufficiente per affittare un altro alloggio, e quindi si ripara in un anfratto non frequentato di quei palazzoni. Nelle baracche nel parcheggio dietro alla stazione delle corriere c’è Arjun, un ragazzo indiano, originario del Punjab, che lavorava a Castelnuovo in una stalla, ma terminato il contratto si è ritrovato a vivere in strada. Ora è in attesa di essere chiamato per lavorare presso una stalla di Albareto. Nell’area della chiesa Cittadella c’è Isaac, del Ghana, che lavora presso una nota azienda di Formigine, mentre in una rampa di accesso al parcheggio sotterraneo di via Galaverna dorme Emmanuel, della Costa D’Avorio, che ha iniziato a lavorare a San Damaso presso una catena di distribuzione di vendita di scarpe e abbigliamento come controllore per evitare furti. Sempre del Ghana lì c’è anche Michael, che lavora a Castelnuovo in un’azienda di disosso prosciutti.
Sotto il ponte del Cialdini e al Novi Sad
Sotto il cavalcavia Cialdini, fuori da uno dei giacigli di fortuna ricavati tra i piloni, si notano anche scarpe femminili: sono quelle di Rossana, che vive con Giuseppe, una coppia di sposi, italiani che lavorano a stagione nel settore alberghiero, come cuoco lui, e come barman e responsabile di sala lei. E sempre in quell’area, dove peraltro l’Unità di strada ha segnalato la presenza di numerosi ratti, si è ricavato il suo dormitorio anche Mohammed, marocchino che lavora a Modena come saldatore presso una cooperativa gestita da tunisini. Infine ci sono le tribune del Novi Sad, che verso mezzanotte si riempiono di persone, tra le quali vi sono anche italiani. «Il fatto che a queste persone sia preclusa la possibilità di un alloggio è dovuto anche dal fatto che molti di loro lavorano in nero - spiega Innocente Bonfatti, responsabile Gruppi Unità di Strada Volontaria - specialmente nel campo dell’edilizia o come imbianchini. A queste persone poi si aggiungono poi i tantissimi senzatetto disoccupati, pensionati con la “minima” e ultimamente anche tanti ragazzi stranieri giovanissimi, che una volta usciti dai progetti di accoglienza si ritrovano in strada». Rafael per esempio, 33enne dell’Eritrea, che dorme nel piazzale di Porta Aperta e ha raccontato di essere giunto in Italia anni fa attraverso il mare, ora si trova fuori dai progetti di accoglienza, ma afferma di essere invischiato in lungaggini burocratiche per l’ottenimento dei documenti: «Vorrei andare a scuola per imparare l’italiano, ma senza documenti non posso - ci ha raccontato giovedì sera - poi vorrei trovare un lavoro come saldatore, nel mio Paese ho studiato per fare questo». «Sono due anni che segnaliamo all’amministrazione comunale il problema dei lavoratori che dormono in strada - tuona Alberto Caldana, presidente di Porta Aperta - e la situazione sta solo peggiorando. Grazie all’impegno dell’ex sindaco Muzzarelli il Comune ha dato vita all’Ostello dell'autonomia, che a breve ospiterà 20 persone in via Aldrovandi. È certamente una risposta importante, ma visti i numeri sappiamo già che non sarà sufficiente. Come Porta Aperta auspichiamo nuove soluzioni, che magari contemplino l’utilizzo di immobili del patrimonio comunale, ma un’idea vincente potrebbe essere anche quella di creare partnership tra pubblico e privato, dove anche le aziende che assumono lavoratori possano contribuire alla loro sistemazione in alloggi dignitosi».l