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Il caso

Carpi, la truffa: fingono la chiamata dalla caserma e le svuotano il conto in banca

di Giovanni Balugani
Carpi, la truffa: fingono la chiamata dalla caserma e le svuotano il conto in banca

Incredibile raggiro a una parrucchiera: persi 22mila euro

12 giugno 2024
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CARPI Di lei sapevano tutto. Sapevano che viveva a Carpi, sapevano che era una parrucchiera. Conoscevano anche il numero di cellulare. Informazioni dettagliate che sono servite a un gruppo di truffatori per svuotarle il conto di tutti i 22mila euro, i risparmi di una vita. Il tutto nel giro di poche ore, il tempo di una telefonata e di un passaggio presso la filiale della banca.

La truffa

Sara (il nome è di fantasia, ndr) sta eseguendo normali operazioni di home banking tramite il computer. All’improvviso appare una schermata allarmante, come se il suo istituo bancario – Unicredit – la stesse avvisando di un pericolo imminente: attacco hacker. E ancora: un sms sul telefono cellulare, con scritto che un carabiniere di lì a poco l’avrebbe chiamata e l’avrebbe assistita nel risolvere quella situazione, evitando di perdere i soldi. E in effetti la chiamata arriva. Sul telefono di Sara appare un numero di telefono fisso e lei risponde.

«Come faccio a sapere che lei è un carabiniere?», chiede. L’uomo dall’altro lato della cornetta con tranquillità le chiede di «verificare il numero fisso da cui sta chiamando». E Sara lo fa. Chiama con un altro apparecchio quel numero fisso ed è effettivamente la caserma dei carabinieri di Carpi. Ora è più tranquilla, sa che davvero sta parlando con un militare. Anche se, in realtà, così non è.
Quel truffatore le spiega la situazione, carpisce la sua fiducia e la invita ad andare presso la filiale di fiducia dove tramite due bonifici potrà mettere al sicuro i suoi risparmi perché in questo momento sono a rischio. Sara è ovviamente preoccupata, ma è tranquilla perché è convinta di parlare con una persona che vuole aiutarla. Così si reca in banca e qui segue in modo pedissequo le indicazioni, in particolare una: «Non dire nulla dell’hackeraggio all’addetto della banca, perché l’hacker è dentro la banca». E così Sara fa.
Esegue due bonifici, per un totale di 22mila euro e quando il dipendente di Unicredit le chiede le motivazioni lei ha già le risposte pronte. Gliele ha confezionate il finto carabiniere: «Uno mi serve per l’affitto di un’automobile l’altro per attrezzatura per il negozio da parrucchiera».
Sono giustificazioni tutto sommato plausibili, Sara in fondo è una parrucchiera ed è normale che possa fare un investimento del genere, così come quello dell’auto, perché a volte si tratta di caparre molto importanti a fronte di lunghi periodi.
I bonifici sono istantanei e partono. Dove, non si sa. Sta di fatto che i conti di Sara ora sono vuoti.

La triste scoperta

A quel punto manca un passaggio, uno di quelli che il truffatore aveva messo in atto per rassicurare ulteriormente Sara. Al telefono le aveva preventivamente detto che dopo le operazioni bancarie sarebbe dovuta passare in caserma a Carpi per formalizzare l’eventuale denuncia e soprattutto recuperare il denaro che sarebbe stato custodito dall’Arma su conti sicuri e protetti. Ancora una volta Sara esegue. Appena uscita dalla banca si dirige subito in caserma, suona e chiede di poter parlare con il militare che l’aveva seguita in tutti i passaggi precedenti. Con sua triste sorpresa il carabiniere, stavolta vero e in carne ed ossa davanti a lei, le spiega che è stata vittima di una truffa. Che nessuno da lì l’aveva chiamata e che non c’erano soprattutto i suoi soldi. Sara a quel punto ribadisce che il numero da cui era stata chiamata era quello della caserma, ma niente da fare. Si trattava di un trucco informatico, una sorta di deviazione di chiamata con cui gli hacker le avevano fatto credere di parlare con la caserma. E così la vittima si è rassegnata, presentando formale denuncia per quanto le era avvenuto.
A nulla poi è servito il doppio passaggio in banca presso la filiale Unicredit. Prima un addetto e poi la direttrice le hanno certificato la truffa e che i suoi soldi non erano più rintracciabili, poiché probabilmente erano stati inviati all’estero su conti o carte del tutto irrintracciabili per l’istituto bancario che al contempo non poteva fermare i bonifici in quanto erano stati effettuati con la formula istantanea. E che la banca non poteva restituirli poiché lei li aveva richiesti in forma del tutto volontaria.

«Dovete raccontare questa incredibile truffa – ci dice Sara con profonda amarezza – Perché non voglio che altre persone vengano derubate».l

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