Il primario modenese del policlinico Gemelli di Roma accusato di abusi da una paziente: «No al processo, pagherò»
Il dottor Luca Richeldi ha smentito la ricostruzione della donna
MODENA. Nonostante i suoi tentativi di opporsi, lui l’avrebbe palpeggiata e baciata sulla bocca. Sotto accusa per violenza sessuale su una paziente al policlinico Gemelli di Roma è finito Luca Richeldi, primario pneumologo modenese.
La vicenda è stata anticipata dal quotidiano “Domani”. La difesa di Richeldi ha chiesto un patteggiamento a 10 mesi e 20 giorni e una pena pecuniaria di 49 mila euro, ottenendo il parere favorevole della procura di Roma. La difesa del primario ha anche proposto per lui un percorso specifico per “sexual abuser” nella stessa struttura in cui l’accusato è dipendente.
Oggi il gip dovrà decidere in udienza preliminare: la legale della vittima, l’avvocata Ilenia Guerrieri, ha annunciato opposizione. Secondo quando ricostruito dal “Domani”, la vicenda risale a due anni fa.
LE ACCUSE
La paziente ha denunciato che, davanti alla suo tentativo di sottrarsi, Richeldi l’avrebbe presa per le spalle, appoggiandosi su di lei. Accuse pesantissime, respinte dal primario: Richeldi avrebbe confermato di avere visitato la donna, negando però la ricostruzione da lei fornita.
«Un abuso sessuale commesso ai danni di una donna – così la presunta vittima degli abusi – non può essere cancellato con una multa. Mentre da un lato la mia denuncia ha avuto seguito e l'iter giudiziario è andato avanti fino all'udienza preliminare che si terrà domani (oggi, ndr), una vittima di violenza non può digerire il fatto che l'autore di un reato così grave possa cavarsela con una pena pecuniaria, addirittura con la pena sospesa».
«Ciò che meraviglia del parere positivo espresso dal pm per la proposta di patteggiamento – spiega la legale della donna – è il conflitto evidente tra l'impegno della società civile a sostenere le donne affinché trovino il coraggio di denunciare e una definizione del processo così premiale, che non rispetta le indicazioni legislative. Per esempio, quella della sospensione della pena solo all'esito di percorsi riabilitativi per sexual abuser, preferibilmente svolti tra i centri Cuav in convenzione con il tribunale. Altro elemento, che non invoglia le donne a denunciare è la previsione nel patteggiamento proposto, della sospensione della pena pecuniaria e della pena accessoria».
LA DIFESA
«Va precisato – così Ilaria Barsanti, che assiste Richeldi – che la soluzione dell'accordo con il pm prevede esclusivamente una pena pecuniaria peraltro sospesa, ed è una libertà processuale voluta dal legislatore per consentire all'indagato di non sottoporsi al processo per anni».
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