«Il direttore chiuse la porta e mi mise la lingua in bocca»
Pavullo, il dirigente del supermarket a processo per violenza sessuale
Pavullo Toccatine, battute apertamente a sfondo sessuale e offese sul posto di lavoro che sono andate avanti per anni e anni. È lo sconcertante quadro emerso lunedì con le prime sette testimonianze al processo contro il 62enne ex direttore di un supermercato di Pavullo (ha passato la titolarità a un famigliare) accusato dalle dipendenti (parti civili con l’avvocato Angela Pigati) di violenza sessuale aggravata e maltrattamenti che hanno portato al suo arresto il 6 ottobre 2022. Determinante fu la denuncia di una ragazza di 23 anni, che fece partire l’articolata indagine dei carabinieri di Pavullo da cui sono emersi tutti gli altri casi.
L’ARTICOLO: «La prima richiesta a colloquio fu quella di un rapporto orale»
Rispondendo alle domande del pm Claudia Natalini, la 25enne ha ripercorso il suo incubo davanti al collegio presieduto da Roberto Mazza (e completato con i giudici Chiara Mutti e Natalina Pischedda). «Era il 18 maggio 2022 – ha riferito – stavo sistemando i polli al reparto gastronomia quando si è avvicinato, mi ha afferrata al collo annusandomi il collo ed emettendo un gemito con la bocca contro al mio orecchio destro. Io sono rimasto impietrita, poi ho avuto un attacco di panico». La ragazza non ci ha pensato due volte: ha dato subito le dimissioni, ed è andata a denunciare, «anche se mia madre non voleva perché è una persona molto ben vista qui a Pavullo e al cui confronto noi non siamo nulla».
L’ARTICOLO: L’avvocato Sola incalza le testimoni: «Strano rimanessero a lavorare»
]Nell’ottobre 2021 si era dimessa anche una cinquantenne che lavorava lì da 12 anni: «Una volta mi chiamò nel suo ufficio, chiuse la porta, mi afferrò e mi mise la lingua in bocca. Quando passava per il supermercato, mi toccava il sedere e la vagina, è accaduto più volte questo. Mi ha fatto anche richiesta di rapporti orali, che ho sempre negato. Solo la sua presenza non costante mi ha permesso lavorare quel posto. Tolleravo questo stato di cose perché non volevo perdere il posto, e perché sarei stata sola a denunciare un uomo potente che fa un sacco di beneficenza. E perché adoravo il lavoro nel reparto in cui ero da tanto tempo. Ma al ritorno dalle ferie, nell’estate 2021, sono stata spostata senza nessuna chiamata in ufficio per dare spiegazioni. Allora ho deciso di licenziarmi. Quando i carabinieri mi hanno detto che una ragazzina aveva trovato il coraggio di denunciarlo, ho deciso di farlo anch’io, perché ha la stessa età di mia figlia e non voglio che un giorno possano accadere cose simili anche a lei».
Più in difficoltà le ragazze che ancora lavorano al supermarket nell’accusare il potente capo che era lì ad ascoltarle. «Ho un contratto di apprendistato triennale e ci tengo a conservare il lavoro» ha sottolineato una 22enne. Nel giugno 2022 riferì ai carabinieri che tutti sapevano che il direttore palpeggiava le dipendenti, e che la voleva licenziare perché aveva detto no a un rapporto orale. Ma lunedì ha detto di non ricordare, mantenendo lunghi silenzi. Al punto che il giudice Mazza l’ha avvertita sui rischi che si corrono in caso di falsa testimonianza. Una 32enne anche lei ancora al lavoro lì ha riferito di essersi messa a piangere quando le disse: «Figurati se una tr..a come te non riesce a infilare i cartellini». Ma poi ha detto che lì «si facevano battute, in un clima scherzoso».