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L’eredità del Covid: un miliardo di costi non ancora coperti in Emilia Romagna

Evaristo Sparvieri
L’eredità del Covid: un miliardo di costi non ancora coperti in Emilia Romagna

Quattromila assunzioni e tante spese non previste. Donini: bilanci in pari ma situazione insostenibile

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Più di 20mila morti in Emilia-Romagna, più di due milioni di contagiati. Mascherine, igienizzanti, tamponi, terapie intensive piene, la paura ad avvicinarsi agli altri, le mille precauzioni. E un conto da pagare che adesso si aggira sul miliardo di euro. Sembra un secolo fa.

Ma sono trascorsi solo pochi anni. E le conseguenze di quel periodo tragico sono arrivate fino ad oggi. È ancora forte il dolore per chi non c’è più, celebrato ieri in tutta Italia nella giornata in ricordo delle vittime del Covid: quel 18 marzo 2020 in cui i camion militari carichi di bare sfilarono per Bergamo. Ma fra le conseguenze della pandemia c’è anche una sanità pubblica che sembra in cerca di se stessa, messa in seria difficoltà anche in quell’Emilia da sempre terra d’eccellenza. C’è infatti anche questo nell’eredità del Covid: bilanci da far quadrare e prestazioni da garantire per tutelare il bene primario per l’uomo: la salute.

«UNA SITUAZIONE INSOSTENIBILE»

«È un’eredità pesantissima in termini economici – ammette Raffaele Donini, assessore regionale alle Politiche per la salute – Dal 2020 ad oggi abbiamo sempre chiuso i bilanci in pareggio, ma è una situazione sempre più difficile da reggere, insostenibile. Il Servizio sanitario regionale dell’Emilia-Romagna, infatti, ha dovuto affrontare la pandemia con le sole forze del bilancio ordinario e, solo successivamente, sono arrivati, parziali e ampiamente insufficienti, finanziamenti nazionali a copertura delle maggiori spese sostenute per la gestione della pandemia, per l’attuazione della campagna vaccinale di massa e per i rincari energetici e l’inflazione che nel 2022 e 2023 hanno causato un sensibile aumento dei costi sostenuti dalle strutture sanitarie e socioassistenziali, per il recupero delle liste di attesa come previsto dal piano di recupero delle prestazioni sanitarie non erogate a causa della pandemia».

«NON CI STANCHEREMO»

Secondo Donini, «questi finanziamenti non bastano a colmare il divario tra quello che abbiamo speso e quello che ci è stato riconosciuto, al punto da dover fare ricorso ai fondi di riserva. Se vogliamo dirla in estrema sintesi, in termini di eredità economica ci manca più di un miliardo di euro a copertura per il triennio 2020-2022. Ripetuti appelli, raccolte di firme, una nostra proposta di legge alle Camere per portare al 7,5% del Pil nazionale il finanziamento della sanità pubblica non sono serviti a cambiare la situazione. Ma non ci stancheremo di portare avanti questa battaglia, perché è quella in difesa di un diritto previsto dalla nostra Costituzione».

In prima linea, ci sono stati medici, infermieri e personale sanitario, che sembravano non bastare mai ancor più di oggi, dove pure la carenza di personale si fa sentire: «Dal 1° gennaio 2020 ad oggi – spiega Donini – il personale è aumentato di oltre 4mila unità tra nuove assunzioni e stabilizzazioni di contratti a tempo indeterminato. Solo nei primi due mesi del 2024, ad esempio, abbiamo assicurato oltre 900 assunzioni a tempo indeterminato. Il nostro, quindi, è un impegno continuo sul fronte del personale. Ed è un impegno che intendiamo mantenere».

NUOVE FORMULE

Ma è stato l’intero sistema sanitario regionale a dover trovare nuove formule post Covid: «È una sanità – aggiunge l’assessore – che guarda sempre di più al territorio, sia attraverso il Pnrr con uno stanziamento di oltre mezzo miliardo di euro alla sanità della nostra regione, sia con il Decreto ministeriale 77, tutto orientato al potenziamento della sanità territoriale. Possiamo dire che partivamo già molto ben attrezzati, basti pensare che le Case della Comunità, perno del decreto, sono poco più di 500 in tutta Italia e 130 le abbiamo noi in Emilia-Romagna da anni. La sanità territoriale, insomma, era da tempo una nostra vocazione, che continuiamo a perseguire oggi con nuove Case della Comunità, ma anche Ospedali di Comunità, potenziamento della telemedicina e tanti altri servizi che hanno l’obiettivo che potremmo racchiudere in uno slogan: è sempre più l’ospedale che deve andare a casa dei cittadini, sempre meno il cittadino che deve andare all’ospedale».

«IL GOVERNO SI IMPEGNI»

Dopo il Covid, anche il “clima” attorno alla sanità però è cambiato, come se ci fosse stata una grande rimozione collettiva di ciò che è stato. «Sicuramente è svanito il clima solidale che ci ha riuniti nei primi, drammatici mesi della pandemia – ammette Donini – Una pandemia, voglio ricordare, che in Emilia-Romagna ha causato oltre 20mila morti, oltre a enormi difficoltà economiche a famiglie e imprese. La sanità, pubblica e universalistica, ha dimostrato però di essere un punto di riferimento imprescindibile, patrimonio comune da difendere senza esitazioni». Da difendere esattamente come i medici e il personale sanitario, passati da eroi a bersagli di vere campagne d’odio: «Proprio pochi giorni fa abbiamo fatto il punto sulle aggressioni – aggiunge l’assessore – oltre 2.700 operatori sanitari nel 2023 sono stati vittime di aggressioni nelle nostre strutture sanitarie, un dato che da solo dimostra la crisi di fiducia che rischia di minare il rapporto tra cittadini e sanità pubblica. Come Regione assicuriamo un impegno costante per contrastare il fenomeno, ma è chiaro che quel che serve è un cambiamento culturale alla base. La sanità pubblica e universalistica va vista come patrimonio da preservare e valorizzare senza esitazioni, a partire dai professionisti, che non smetteremo mai di ringraziare per la loro competenza e dedizione. Con le parole, però, si va poco distanti, serve un impegno preciso da parte del governo per un finanziamento che sia all’altezza di un Paese come il nostro».

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