Sassuolo, un 38enne denuncia: «Non voglio che mia figlia cresca coi principi islamici integralisti»
Il padre è a processo per stalking alla moglie
«Ho paura che mia figlia venga costretta ad adeguarsi ai principi islamici radicali. Che le venga proibito di bere Coca Cola, di parlare con gli italiani e che sia obbligata a indossare il velo. Per questo scrivevo a mia moglie e sono andato dai carabinieri».
È la versione raccontata al giudice Francesca Piergallini, nel primo pomeriggio di ieri, in tribunale a Reggio Emilia, da un imputato di origine marocchina di 38 anni, residente a Sassuolo, rappresentato in aula dall’avvocato Domenico Giovanardi, accusato di stalking nei confronti della moglie dalla quale è separato.
LA VICENDA
Una pressione continua da parte dell’uomo che avrebbe indotto la moglie a vivere un persistente stato di paura e di ansia per questa situazione. La donna, assistita dall’avvocato Giulia Incerti, avrebbe deciso di non stare più con il 38enne a seguito di un’aggressione fisica, e lui è accusato di molestie, di minacce, come quelle di “rovinarle la vita”, o di averla chiamata “cagna” o offesa in altro modo. I due hanno una bambina di 3 anni, che il padre ha visto due anni fa per l’ultima volta.
L’uomo si è rivolto ai militari per il timore che la bambina venisse portata all’estero. «Ho fatto tanto per cercare la pace con mia moglie - ha spiegato l’imputato ieri mattina davanti al giudice - mandavo messaggi o cercavo di telefonarle perché ho paura di dividere la mia bimba con la sua famiglia».
Ma a preoccupare l’uomo, in particolare, sarebbe la possibilità che la figlia venga costretta ad adeguarsi ai principi dell’Islam radicale: «Mio suocero - ha detto ancora l’imputato in aula - ha portato in casa l’ideologia radicale islamica. Mia figlia dovrà portare il velo e non potrà mettersi i jeans. Preferisco prevenire che avvenga tutto questo. Mio suocero mi ha detto: “Tu non vedi più la bimba in vita tua”. E anche adesso non so dove è mia figlia. Ho perso due volte il lavoro. Adesso sono regolare - ha spiegato ancora l’imputato in aula - sono assunto e ho un appuntamento fissato con i servizi sociali. Non ho mai pensato che mia moglie potesse spaventarsi per i miei messaggi. Lei - ha raccontato ancora l’uomo - lascia la bambina con suo padre e non voglio che stia male. Per lui non si può parlare con altri italiani, non si deve bere Coca Cola. E io non voglio lasciare la mia bambina con loro».
SERVIZI SOCIALI
In Tribunale è stato deciso un rinvio al 27 febbraio. I servizi sociali conoscono bene la vicenda e hanno in carico il caso. Anche l’imputato è di religione musulmana, ma afferma che la moglie e la sua famiglia, come detto, osservino un’ideologia integralista.
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