Il manifesto contro la violenza sulle donne – Valeria Valente: «Istituzioni e politica devono rispondere»
Promuovere la cultura della parità e la consapevolezza è dunque fondamentale, così come raccontare la violenza nel modo giusto.
Le magnifiche piazze fucsia del 25 novembre rappresentano uno spartiacque e assegnano una grande responsabilità alla politica e alle istituzioni di questo Paese. Le bambine, le ragazze, le donne vogliono essere libere, anche dalla violenza. Il merito della manifestazione va senz’altro a Non una di meno e al movimento femminista che in questi anni non hanno mai mollato, ma l’adesione di tante persone comuni, donne e uomini, va ben al di là della piattaforma programmatica delle organizzatrici.
Ora, cosa fare? L’iniziativa di questo giornale di proporre anche un proprio “codice” ai lettori va nella giusta direzione. La violenza contro le donne è un fenomeno strutturale di natura culturale che ha origine dal divario di potere tra uomini e donne, da un modello sociale e produttivo che vede il femminile subalterno al maschile. Si chiama patriarcato e non è scomparso, ma è oggi declinato al passo con i tempi: le donne non vengono violate e ammazzate perché sono deboli, ma proprio perché sono forti e difendono i diritti acquisiti e la propria libertà. Promuovere la cultura della parità e la consapevolezza è dunque fondamentale, così come raccontare la violenza nel modo giusto.
La Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio, che nella scorsa legislatura ha indagato sul fenomeno con 13 relazioni approvate all’unanimità, ha appurato che i media hanno un ruolo importante per il cambiamento culturale e ha inoltre raccomandato programmi specifici in ogni facoltà. Gli uomini che uccidono le donne non sono mostri e non agiscono in preda a raptus, sono invece per il 70 per cento “normali” mariti, compagni, fidanzati o ex.
Le leggi ci sono ma occorre fare ancora di più. Per prima cosa investire sulla formazione e sulla specializzazione degli operatori della giustizia, e in modo costante sulla rete antiviolenza, per riconoscere la violenza fin da subito e proteggere meglio le vittime. Poi puntare all’educazione al rispetto e all’affettività nelle scuole. Come Pd abbiamo impegnato il governo a fare tutto questo. Ma non basta. Mancano due leggi fondamentali all’appello. La legge sulle molestie sessuali con l’aggravante del rapporto di subordinazione nei luoghi di lavoro e di studio consentirebbe di tutelare le donne da reati odiosi che non arrivano alla violenza.
Ma soprattutto la legge sul consenso garantirebbe una maggiore tutela dalla violenza sessuale e costituirebbe un fondamentale cambiamento di approccio culturale. Significherebbe stabilire che no significa no: se una donna denuncia uno stupro le si crede e si presuppone che fosse contraria al rapporto. Basta domande sulle abitudini sessuali della vittima, sugli abiti, sui comportamenti, ma focus sull’autore del reato.
I relativi ddl del Pd sono in Commissione Giustizia al Senato, potrebbero essere approvate in fretta con il contributo di tutti.l
*Senatrice Pd e e componente della Commissione Bicamerale femminicidio