Gazzetta di Modena

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Il processo

Vignola. «Ha ucciso la moglie per amore»

Stefania Piscitello
Vignola. «Ha ucciso la moglie per amore»<br type="_moz" />

Franco Cioni aveva soffocato nel sonno Laura Amidei, gravemente malata. Chiesto il minimo della pena. Il pm: «Ha agito per porre fine alle sofferenze della donna»

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Vignola «L’imputato ha agito per porre fine alle sofferenze della coniuge. Non abbiamo alcun elemento da cui emerga che ci fosse un’intenzione secondaria». A parlare è il procuratore capo Luca Masini nelle vesti di pubblico ministero davanti al collegio dei giudici. Il caso è quello dell’omicidio di Laura Amidei, 68enne malata di tumore soffocata con un cuscino il 14 aprile 2021 dal marito 73enne Franco Cioni nella loro abitazione di Vignola. Era stato il 73enne a chiamare i carabinieri e a confessare: «Ho commesso questo gesto nella notte perché volevo porre fine alle sue sofferenze. Non sopportavo più di vedere mia moglie così».

Ieri in Tribunale pubblico ministero e difesa – rappresentata dall’avvocato Simone Bonfante – si sono mossi in un’unica direzione nelle loro richieste: Cioni – questo è quanto emerso da entrambe le arringhe – avrebbe agito esclusivamente per amore. Nessun secondo fine, neppure quello definito «egoistico» di «togliersi un peso».

Il pm ha continuato sottolineando come dopo la tragedia la famiglia della donna abbia comunque continuato a supportare Cioni, «sanno quale fosse l’amore totale dell’imputato». Si è parlato di “amore” più volte ieri in aula. Ricordando una sentenza della Corte di Cassazione, il pubblico ministero ha continuato: «Si tratta di capire se questo omicidio è maturato esclusivamente per amore della propria compagna. Quello che ha fatto Cioni è gravissimo, il nostro codice prevede che sia punito, ma penso si debba arrivare a una pena che tenga conto di tutti gli elementi circostanziali».

Simone Bonfante, il legale che assiste l’uomo, ha preso la parola chiedendo il riconoscimento dell’attenuante del valore morale, prevista dal nostro sistema per i casi in cui l’autore, ha spiegato il legale, «agisce per scopi che sono considerati espressione del sentimento etico comune condiviso dalla società. È chiaro che stiamo parlando di omicidio, solo la natura per la legge può decidere quando si nasce e si muore, la mano dell’uomo non può porre fine alla vita della persona. Non mi voglio dilungare sul tema dell’eutanasia. Ma il sentimento altruistico di porre fine alla sofferenza della donna che più ha amato in tutta la sua vita, penso che possa essere un valore, espressione di un sentimento etico condiviso dalla maggioranza. Lui ha agito al fine di non fare più soffrire la donna che amava. E ha agito anche sapendo che quella sarebbe stata la decisione condivisa. Sapeva che Laura era sempre stata viva e energica e non avrebbe mai voluto finire in quel modo, addirittura in una casa di riposo».

Nei mesi scorsi in aula si sono alternati vicini di casa, familiari, amici e medici che hanno confermato la premura con cui Cioni si prendeva cura della moglie malata. L’uomo ha inoltre versato a titolo risarcitorio 10mila euro alla sorella della vittima. Pubblico ministero e difesa hanno chiesto per lui il minimo della pena, le attenuanti generiche e l’annullamento dell’aggravante.

Tolta questa, si parte da un minimo di pena di 21 anni per il reato di omicidio. Il legale che assiste l’uomo, Simone Bonfante, ha chiesto che le attenuanti generiche siano considerate prevalenti rispetto all’aggravante di avere ucciso la moglie (introdotta nel 2019 con il codice rosso, non si applicherebbe a questo caso perché il delitto non è maturato in un contesto di prevaricazione), e poiché questo non è possibile stando all’attuale legislazione in vigore ha anche chiesto alla Corte d’Assise di sollevare una questione di legittimità costituzionale. La corte scioglierà la riserva il 9 novembre, decidendo se trasmettere gli atti alla corte costituzionale o emettere la sentenza.