Tra storia e tanti amarcord ecco Torre Maina raccontata dai personaggi del paese
Maranello. Giulio Cesare Bertani dopo anni di testimonianze scritte è riuscito a pubblicare un libro: «Per lasciare una traccia ai giovani»
IL PERSONAGGIO
MARANELLO. Si chiama Giulio Cesare Bertani. E con un nome così, non poteva che essere appassionato di storia. In questo caso, si parla di storia locale, perché Giulio, classe ’52, ha scritto un libro che ricostruisce le vicende di Torre Maina tra il 1916 e il 1945. Una serie di racconti su personaggi e luoghi della piccola frazione di Maranello; tutto ricostruito grazie alle chiacchierate che, Bertani, ha fatto con i suoi genitori e con gli altri anziani che Torre Maina l’hanno vissuta in quegli anni. “Andèr a Vagg”, che significa “andare a veglia”, pubblicato con Artestampa, è frutto di un lungo lavoro. È un amante della natura Giulio, ed è proprio il mondo contadino degli anni della guerra che narra nei suoi racconti: «A me piace la storia in generale – spiega – ma soprattutto quella della nostra zona. I miei genitori mi hanno raccontato tante storie della loro vita, hanno incontrato tanti personaggi del paese». I genitori di Bertani, Bruno e Antonietta, che oggi non ci sono più, sono stati la sua fonte primaria per la raccolta di notizie, ma non l’unica: «Ho parlato anche con gli anziani del bar di Torre Maina e con quelli dell’ospizio in cui, prima del Covid, andavo a fare animazione». Nel libro, tra le tante cose, si parla degli abitanti di Torre Maina che tornavano a casa dalla prima guerra mondiale: «Alcuni erano sconvolti e distrutti nello spirito. Qualcuno di loro invece era più fortunato. Ad esempio, c’è la storia della nascita dell’Oratorio ed Rosini, che si trova ai confini tra Torre Maina e Pozza. Un soldato, dopo aver visto tanta disperazione in battaglia, si raccomandò alla Madonna, perché allora c’era tanta fede. Pensò che se si fosse salvato, tornato a casa avrebbe costruito un oratorio. E così fece». E poi c’è “Al Gir”: «Era un mendicante di Torre che aveva perso tutto, non aveva beni né affetti. Girava per le campagne qui in zona perché i contadini gli davano da mangiare. Era trasandato e mia mamma, che era piccolina, aveva paura di lui, ma era un uomo assolutamente inoffensivo. Rimase impresso nella memoria delle persone perché a un certo punto, una notte fredda d’inverno scomparve e venne ritrovato alcuni giorni dopo, morto congelato in una sorgente». Questo è solo un assaggio di quello che si può leggere nel libro di Giulio, che spiega di aver deciso di scrivere anche per i suoi nipoti e per lasciare una traccia di quella che è stata la storia di Torre Maina. «Erano circa cinque anni che l’avevo pronto, poi grazie anche al suggerimento di un amico, mi sono deciso a pubblicarlo. Spero, in questo modo, che questi ricordi non vadano perduti». — S.P.