Gazzetta di Modena

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L'infanzia di Piero Milani: "Quando persi il serpente e la mamma si arrabbiò"

di Serena Arbizzi
L'infanzia di Piero Milani: "Quando persi il serpente e la mamma si arrabbiò"

Il fondatore del Centro “Il Pettirosso” amava già da piccolo gli animali «Difendevo le lucertole. Mi fermavo ad ammirare rane e cardellini»

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Il suo tragitto per andare a scuola era fatto del cinguettio dei cardellini, del gracidio delle rane e dello stretto contatto con la natura che, a ogni cambio di stagione, riempiva di stupore il suo cuore bambino. Nel crescere non ha perso la vocazione per il mondo animale, nemmeno quando la sua mamma si spaventò vedendo che il serpente che aveva portato a casa non era più al suo posto ed era finito chissà dove. Piero Milani è uno dei personaggi nel panorama modenese, e anche nazionale, più legati a doppio filo con il mondo degli animali, in particolare quelli selvatici. Piero ha fondato e guida il Centro fauna selvatica “Il pettirosso”, una città nella città che misura 60mila metri quadri di superficie ed è impegnato con istituti zooprofilattici di ricerca e università.

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«Ho trascorso una bellissima infanzia: non mi è mai mancato nulla - racconta Milani - Mio padre era impiegato alla Cassa di Risparmio di Modena, mia madre, ostetrica. Il voler “preservare la vita” è in parte una passione che mi deriva dai genitori, ma in prevalenza è scritta nel Dna. Ed era fortissima, sin da piccolo, quando difendevo le lucertole da chi cercava di ucciderle o andavo nei fossati a cercare le rane o stavo ore a guardare i girini. Ho ricordi meravigliosi: anche se i miei non mi facevano tenere in casa animali io facevo di tutto per sistemarli in camera e nasconderli. Accudivo già da allora gli animali in difficoltà. Portavo a casa anche dei serpenti, per la gioia di mamma, soprattutto quando scappavano e non li si ritrovava... Allora c’erano solo due o tre centri in Italia per gli animali selvatici e sembravano i più belli del mondo anche se non lo erano. C’era una realtà diversa: gli animali non erano ancora così presenti come oggi nella mente della gente.

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Non c’erano nemmeno gli alimenti per animali sugli scaffali dei supermercati. Mentre adesso creano negozi ad hoc. Io sono sempre stato affascinato dagli animali: guardavo documentari, mi informavo. Ho iniziato a diventare volontario in un canile, nel Reggiano, perché ho conosciuto una ragazza che mi ha introdotto. Facevo già antibracconaggio e viaggiavo l’Italia e andavo anche all’estero per questo».

Piero ha frequentato parte delle scuole elementari alla Madonna Pellegrina. Poi,però, era un bambino troppo esuberante. «Fino alla terza elementare sono rimasto alla Madonna Pellegrina - prosegue Piero - ma ero troppo vivace e, pertanto, hanno chiesto ai miei genitori se potevano trovarmi un’altra scuola. Mio padre, conoscendomi bene, ha scelto Collegarola, in campagna. E per me è stato come entrare in paradiso. Le insegnanti mi hanno lasciato tenere conigli, oche: hanno capito subito che quest’attitudine avrebbe potuto essere utile anche per gli altri bambini. Si trattava di una scuola particolare: c’era un filare d’uva in giardino e si pigiava l’uva. Era una scuola di vita dove ti insegnavano proprio a fare le cose. Non esisteva il bullismo. Non c’era l’esigenza di prevaricare gli altri. Scuole del genere purtroppo si son perse, sono istituti fuori dagli schemi. Adesso, rivedo il mio amore per gli animali negli occhi di mio figlio Francesco, 7 anni a dicembre, quando mi dice: “Da grande voglio salvare gli animali”, o quando mi chiede: “Papà, è vero che se spariscono le api sparisce tutto?”. E mi chiede queste cose mentre si dedica agli animali. Mentre, magari, sta allattando un lama. Mi fa ritornare in mente quando, per andare a scuola, usavo la bicicletta e attraversavo il Parco della Resistenza. Io e altri due miei amici passavamo in mezzo a cardellini, rane, vedevamo il cambio delle stagioni. Ci bagnavamo regolarmente i piedi e arrivavamo a scuola sporchi perché magari ci fermavamo a vedere una biscia. Ho imparato allora che è importante è avere ”usta”, espressione che usiamo noi modenesi per indicare che, se hai un’intuizione di buon senso, la devi perseguire».