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Modena, ladro arrestato al Bar Clic: scarcerato dopo poche ore

Modena, ladro arrestato al Bar Clic: scarcerato dopo poche ore

Il giudice convalida l’arresto, decreta l’obbligo di firma presso la polizia anziché il carcere e via, fuori dal tribunale, in attesa di un futuro processo per tentato furto.

23 febbraio 2017
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MODENA. Il giudice convalida l’arresto, decreta l’obbligo di firma presso la polizia anziché il carcere e via, fuori dal tribunale, in attesa di un futuro processo per tentato furto. L’importante era tornare in libertà per Natalie C., 36 anni, il moldavo preso mentre stava scassinando con i complici l’ingresso del bar Clic di via Cesena. È uscito con gli stessi agenti della Squadra volante che lo avevano arrestato.

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Due formalità in questura e sarebbe uscito da solo. Certo, c’era l’incognita di quel foglio che gli hanno consegnato al momento dell’arresto: un ordine di carcerazione sospeso, un atto che potrebbe portarlo in cella. Nell’udienza, che si è svolta ieri a porte chiuse in Tribunale, ha raccontato una storia che il giudice stesso, nell’ordinanza, dice essere ben poco credibile. Si è presentato come uno sprovveduto che agisce a casaccio. Ha spiegato di essere arrivato dalla Moldavia l’altro giorno.

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«Ero a Bologna - ha detto pressapoco - e mi hanno portato a Campogalliano. Volevo comperare due auto. Faccio affari, compero auto. Ma poi mi sono trovato a Modena» Dove? «Boh. Non so». Con chi era? «Con Ivan». E chi è Ivan? «Mah, non lo conosco». E poi? «Poi sono andato da Vasile che abita a Modena». Dove? «Boh, non so. Stavo da lui a dormire. Eravamo d’accordo». E poi? «Poi abbiamo preso delle bici e siamo andati davanti a quel bar».

Se questa più o meno è stata la sua raffica di risposte, ha poi raccontato di essersi trovato con Ivan e Vasile in quel luogo sconosciuto senza sapere perché erano lì e perché Vasile gli passava della roba.

Gli è stato chiesto se sapeva di avere in tasca un walkie talkie e oggetti da scasso. Ha detto che teneva tutto perché l’amico non aveva le cerniere nelle tasche. Poi, come un assistente di sala operatoria, ha passato gli attrezzi ai compaesani sconosciuti. Senza mai chiedersi a cosa stesse partecipando. Il taglio della serranda non lo ha insospettito.

Gli hanno chiesto perché voleva entrare la bar. «Per mangiare e per bere», è stata la risposta. I complici? Amici, ma sconosciuti: non sa né il cognome né dove abitano, ma erano con lui a Modena. Questa la spiegazione fornita in aula dal moldavo in Italia clandestinamente e ben noto alle forze dell’ordine sempre per reati simili e per i suoi numerosi nomi falsi.