Gazzetta di Modena

Modena

Festival Filosofia sull'Agonismo

Galimberti a Festival Filosofia «Tra l’uomo e le macchine un terrificante agonismo»

di Laura Solieri
Galimberti a Festival Filosofia «Tra l’uomo e le macchine un terrificante agonismo»

Galimberti: disegna uno scenario impietoso della condizione umana attuale «La depressione, frutto di un senso di inadeguatezza alla velocità del progresso»

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MODENA. Agonia, dal greco, significa letteralmente lotta, contesa «tra l'individuo che vuole vivere e la specie che ne decreta la morte - ha esordito ieri mattina il professore Umberto Galimberti in Piazza Grande durante la lezione magistrale "Agonia" - La specie ha bisogno che gli individui muoiano per rigenerare se stessa: questo è il vero agonismo». Gli individui vivono in vista di obiettivi da raggiungere, la specie vive un altro tipo di temporalità, quella ciclica, e la natura è da sempre caratterizzata da una sorta di crudeltà innocente. «I greci chiamano l'uomo "il mortale" ed è peccato di tracotanza pensare di sopravvivere al di là della giusta misura - prosegue Galimberti - Con l'avvento del Cristianesimo il primato non è più della natura ma di Dio. Nasce un tempo nuovo, il tempo di Dio, un tempo che acquista un senso ottimistico: nella tradizione giudaico-cristiana il futuro è salvezza». In Età Romantica, con Leopardi, Schopenhauer, Freud, Nietzsche si afferma un'idea di natura indifferente alla condizione umana. «Schopenhauer sottolinea l'irrazionalità della volontà di vivere: la vita vuole la vita, e basta - spiega Galimberti - Freud parla delle pulsioni dell'inconscio, la sessualità per la procreazione e l'aggressività per la difesa della prole, affermando che l'io non è padrone in casa propria». Per Freud la nostra psiche non è però in grado di sentire la morte. Nella condizione di assistere colui che non ha più speranza di vita, ci accorgiamo di considerarlo come non più vivente e, psicologicamente, non lo sentiamo già più nel nostro campo. «Questo non capita invece a chi deve morire - afferma Galimberti - che continua a raccontare cose come se la sua vita dovesse continuare. Uno sta bene quando il suo io coincide con il suo corpo, si dimentica del corpo e guarda il mondo. Quando invece il corpo diventa oggetto guardato dall'io, non coincide con me ma mi preoccupa, il mondo non mi interessa più: questa è l'agonia. Il momento tragico del congedo sta nella perdita dell'amore che abbiamo maturato per noi stessi perché a forza di vivere ci si innamora di sé -afferma Galimberti - La morte è diventato un evento tecnico, accompagnato da parole tecniche, perché le parole umane le abbiamo perse tutte. Con la parola tecnica intendiamo una forma di razionalità, la più feroce e rigorosa. Ma gli uomini non sono solo razionalità e nel rapporto uomo-macchina la guida ce l'ha la macchina. Si è creato un terrificante agonismo in cui siamo diventati funzionari di apparato e la nostra identità nasce dal riconoscimento che ci conferisce l'apparato tecnico di appartenenza». Cambiano così anche le patologie, quella più diffusa è diventata la depressione, frutto di un senso di inadeguatezza. «La nostra psiche è lenta e in questo tempo sequestrato non riesce a stare dietro alla velocità del progresso tecnologico» conclude Galimberti, sottolineando il grave errore delle nostre scuole che si buttano sui computer invece che sull'educazione umanistica.