Al Festival Filosofia, l’ottimismo di Severino: «Siamo semplicemente destinati alla gioia»
CARPI. Lo hanno atteso a lungo nella ampia piazza Martiri di Carpi, per poter assistere a quella che fin dal titolo si preannunciava come una lezione essenziale per la comprensione del mondo «Quando...
CARPI. Lo hanno atteso a lungo nella ampia piazza Martiri di Carpi, per poter assistere a quella che fin dal titolo si preannunciava come una lezione essenziale per la comprensione del mondo «Quando qualche mese fa gli organizzatori mi invitarono a festival filosofia mi proposero come titolo della mia conferenza quello di Pòlemos (guerra, ndr)» ha esordito Emanuele Severino nell'ultimo incontro di questa edizione. Accademico dei Lincei, insignito della medaglia d'oro della Repubblica per meriti culturali, editorialista del Corriere della Sera, Severino è una delle voci più attese della manifestazione. Giunto giovanissimo alla carriera filosofica, tutta la sua analisi, si è sviluppata attorno a un rifiuto radicale della metafisica occidentale che -a suo dire- ha commesso l'errore di allontanarsi dalla via della verità indicata da Parmenide (l'essere è e non può non essere).
Partendo dall'ordigno esploso ieri a New York ha spiegato come viviamo in un'epoca di belligeranza globale. «Da quando l'Unione Sovietica ha cessato di essere alla guida dei paesi poveri che cercavano ricchezza, il mondo ha cambiato volto. La guerra fredda costituiva una tensione permanente tra le due superpotenze, la rottura della quale avrebbe portato alla esplosione della bomba atomica. Una volta venuta meno la conformazione bellica del passato si è affermata la guerra di tutti contro tutti- ha affermato lo studioso- Dunque abbiamo finito per assistere a una capacità tecnica che si è rivelata dominante rispetto al posto subordinato dei popoli».
«Pòlemos è padre di tutte le cose, di tutti i re» affermava Eraclito nel V secolo a.C. «La configurazione tra lo stato belligerante del mondo attuale e i primordi della nostra antica civiltà sono molto simili» ha commentato Severino. Esiste un rapporto tra la tecnica e le forze che si servono della tecnica, ha spiegato, in riferimento a capitalismo, democrazia, comunismo, cristianesimo e islam «Sono forze tra loro conflittuali che intendono prevalere le une sulle altre, per farlo, devono rafforzare lo strumento con cui lo realizzeranno: questo strumento è la tecnica guidata dalla scienza moderna. In questo conflitto ciascuna di queste forze nel rafforzare il proprio strumento ha finito per perdere di vista lo scopo iniziale, dunque lo strumento si è fatto scopo. Paradossalmente il potenziamento della tecnica, diventando lo scopo di queste forze, ha reso obsoleto il conflitto». Il frammento «La guerra è madre di tutte le cose, infatti essa mostra gli uni dèi e gli altri schiavi» è la dimostrazione che Eraclito vedeva nella fine della guerra (auspicata da Omero) la fine delle cose. «In ognuno di noi la volontà si trova di fronte a una resistenza, se la resistenza non ci fosse, la volontà avrebbe tutto; possiamo volere solo perché ci imbattiamo in una resistenza che all'inizio è una barriera. In principio- ha avvertito- questa barriera era il demonico divino che uccide l'uomo. Ed è sulla base di questa idea che Eraclito immagina la lotta tra uomo e divino». Dunque sembra averci suggerito lo studioso: per vivere abbiamo bisogno di abbattere questa barriera. «L'uomo ha finito per pensare alle cose fin da quando ha avuto a che fare con la barriera ma per diventare altro la cosa deve uscire da sé e quindi combattere contro sé, diventare nemica di sé». Oggi la tecnica è questo «Il supremo far diventare altro le cose, ossia farle uscire dal nulla, per divenire nulla» facendo riferimento alla bioetica e alla nanotecnologie che costruiscono l'uomo anziché ricostruirlo. La tecnica viola un limite inviolabile sembra dirci Severino: allora quale futuro può avere l'uomo? È destinato inesorabilmente alla dominazione della tecnica? Per Severino la risposta è semplice «siamo semplicemente destinati alla gioia».