Gazzetta di Modena

Modena

Disco Emilia/Picchio Rosso di Formigine, 40 anni fa nasceva la “rivoluzione-discoteca”

di Nicola Calicchio
Disco Emilia/Picchio Rosso di Formigine, 40 anni fa nasceva la “rivoluzione-discoteca”

Il 13 marzo 1976 a Formigine si inaugurò il locale che cambiò il modo di divertirsi Divenne un mito per gli italiani. Sul suo palco si sono esibiti gli artisti più grandi

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MODENA. Il 13 marzo del 1976 è una data storica per il mondo del divertimento modenese che cambiò totalmente i gusti di quanti andavano a ballare. In quella data venne infatti inaugurato il mitico Picchio Rosso di Formigine, un fenomeno di costume che è entrato nell’immaginario collettivo.

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Era il momento del passaggio dalle balere alle discoteche. Per ricordare i primi 40 anni del locale, demolito da un po' per fare posto ad appartamenti, stasera al Gilda Club si svolgerà la festa “Remember Picchio Rosso - Official Party”, con la presenza di personaggi che hanno fatto la storia del tempio della musica. Il “Picchio” (così tutto lo chiamavano ) era la discoteca “nuova”, quella più moderna, con i djs più conosciuti, gli spettacoli più importanti, gli impianti luce più strabilianti e gli slogan più efficaci.

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Il Picchio, colpì subito per la sua grandezza, l’architettura e l’arredamento molto moderno. Nessuno si sarebbe mai immaginato che quei “divanetti” rossi e quell’ingresso “spaziale” con i neon gialli da tutte le parti diventassero così famosi ed avessero poi avuto un ruolo così importante nel costume, nella cultura e nella società. Il Picchio aveva anche un giardino estivo il “Settimo Cielo”.

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«Nei weekend c’erano dalle quattromila alle cinquemila persone senza contare gli altri giorni della settimana - spiega il direttore artistico dell'epoca Mauro Marchi - Praticamente eravamo chiusi solamente il martedì. Il Picchio fu la prima grande, importante discoteca sorta in Italia. Era nata come balera perché i locali funziovano e c'erano le orchestre. Questa idea durò solamente due settimane poi convinsi il proprietario Mario Boni a cambiare completamente la programmazione. Iniziò così l'era del Picchio Rosso».

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Tanti i personaggi che vi si sono esibiti, da Anna Oxa a Loredana Berté, da Mia Martini a Patty Pravo, da Donna Summer a Vasco Rossi. È stato anche il set di alcuni film, basta citare “I mostri” con Ugo Tognazzi. In quell’epoca, i locali da ballo, poi chiamate discoteche (dove si suonano i dischi) si contavano come le dita di una mano. Era l’inizio di un epoca di costume e di grandi rivoluzioni musicali, il culmine della disco ­ music, del funky, della new wave. Fine anni '70, inizio anni '80. Al Picchio, c’erano la sigla iniziale e finale. L’orario per i djs. Uno faceva la prima parte, l’altro la seconda. La settimana dopo il contrario. C’erano dei riti da rispettare. Per esempio, nessuno poteva andare in consolle senza l'ordine del direttore di sala Luciano Riccò. «Il Picchio Rosso faceva fatturati da fare invidia a qualche ceramica della zona - sottolinea il dj storico Luca Zanarini - Si lavorava dodici mesi all'anno e venivano impiegate circa 100 persone con una punta di 150 nei periodi estivi. Erano bei tempi. I ragazzi di oggi quelle cose non riescono neppure ad immaginarle. C'era poca delinquenza, poca droga e tanta bella musica».

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C'era anche una sigla ad inizio serata e il gioco di luci era diverso sulla sigla. Uno show. Poi iniziava la serata, con la battuta bassa, per far scaldare l’ambiente. I dischi non si suonavano due volte. C’erano i lenti. «L’intrattenimento e la musica erano di tipo popolare ma con gusto - sostiene Mario Boni, proprietario e presidente della società di gestione, quando il Picchio aprì - Si pagava 5/10mila lire e la consumazione era a parte. C’erano pochi omaggi e scattava la caccia alle tessere. Ci si metteva il vestito buono per andare a ballare». Chi non aveva i soldi per la consumazione, faceva un “chinotto” (andava in bagno e si chinava per bere dai rubinetti). I bagni avevano la “turca”. Si poteva fumare e quando i ragazzi ritornavano a casa bisognava mettere fuori i vestiti perché “puzzavano di fumo”.

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Molti arrivavano in quattro sulla 127. Alcuni in corriera (specie la domenica pomeriggio), altrimenti si faceva l’autostop. Da quel momento il dj diventò una professione, il tecnico luci pure. Prima il dj era “quello” che, nella pause e tra una orchestra e l’altra, intratteneva il pubblico e metteva i lenti. Poi divenne l’intrattenitore della serata. I vocalist, non c’erano. C’erano due tipi di djs. Quello “muto” e quello che “usava il microfono”. I djs del Picchio erano conosciuti. Da quel momento la parola discoteca, divenne popolare.