E finalmente il sole torna a baciare Magrignana
Grande festa nella piccola frazione di Montevcreto che chiusa in una vallata resta all’ombra. Il primo raggio accarezza il campanile. Super tavolata e tante visite al museo
MONTECRETO. Ritrovare il sole dopo tre mesi in cui non batte mai. È quello che sta accadendo in questi giorni a Magrignana, antichissima frazione di Montecreto le cui origini risalgono al periodo romano, dove ormai lo spopolamento ha raggiunto proporzioni emblematiche: restano solo cinque anime, in mezzo alla campagna. Ma ci sono due momenti dell'anno in cui ritorna un po' della gloria che fu, e tutto si riaccende con centinaia di persone. Accade per la sagra estiva e la festa di San Geminiano che si è celebrata il 31 gennaio con la solita aura un po' magica.
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Tradizione rispettata. La tradizione infatti, che si è puntualmente ripetuta grazie a qualche squarcio tra le nuvole, vuole che la solennità del patrono sia salutata dall'arrivo del primo raggio di sole che va a picchiare sulla cima del campanile, che anche cromaticamente evidenzia i segni della maggiore esposizione. La prima scomparsa da novembre, quando con l'abbassamento dell'orizzonte il sole inizia a venire schermato dalla montagna. E l'appuntamento è stato occasione come sempre di festa grande, nel quartier generale allestito presso la vecchia canonica che, oltre a una cucina a pieno regime (piatto forte le frittelle di castagne) e la super tavolata con musica di una volta, al piano superiore ospita il Museo del Caprile, che riporta ai tempi della civiltà contadina grazie alla passione di Dante Bortolotti, anima del gruppo di volontari che ha raccolto il testimone dal compianto maestro Michelangelo Beneventi. «Durante la festa sono passate quasi trecento persone – sottolinea ancora indaffarato – ed è una soddisfazione grandissima rivedere viva Magrignana. È uno dei paesi più antichi della montagna, le cui origini risalgono al III-IV secolo, probabilmente da una centuriazione romana. Il nome deriva o dalla famiglia dei Macri o da Macrino, l'imperatore del 217. Il borgo una volta era in alto, ma è slavinato appoggiandosi qui, dove nel Medioevo c'è stata la ricostruzione». Un tesoro storico insomma, e anche un affresco della civiltà rurale grazie agli arnesi perfettamente conservati custoditi nel museo. «la festa dei giorni scorsi e quella estiva ci servono per pagare le spese della parrocchia – precisa – e ci siamo sempre riusciti grazie al grandissimo afflusso».
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La gente del paese. La gente che abita nelle vicinanze infatti sente tantissimo il richiamo e l'amore per il posto: «Senza sole qui una volta bisognava fare parecchio fuoco in inverno – osserva Adamo Beneventi – ma anche negli altri periodi dell'anno è sempre stato freschino». «Quest'anno non si sente tanto perché è un inverno particolare – nota Rinaldo Contri – ma in passato si è arrivati anche a -15». «Io sono stato bambino qui – ricorda Fabrizio Guidicelli – venivo dai miei nonni che avevano le mucche, ed è sempre bello tornare anche se ormai non ci abita più nessuno. D'estate è un po' diverso, perché torna su qualcuno che ha la seconda casa». «Resta un posto magico – osserva Carlo Beneventi – vedere la punta del campanile illuminata per la prima volta è sempre un'emozione». «Pensare che io abito poco più su, alla Marina, e lì la situazione è opposta – precisa Marco Malavolti – il versante guarda al Cimone e c'è il sole sempre, tutto un altro mondo. Sono nato a Modena ma ho scelto di vivere qui, adoro questi luoghi». «È un appuntamento meraviglioso – chiosa tra la gente il sindaco Leandro Bonucchi – perché serve anche a creare coesione sociale. La comunità si ritrova, ed è fondamentale in posti come questo».