Il vescovo in carcere: le vere gabbie sono quelle del cuore
Monsignor Erio Castellucci ha aperto l’Anno Santo a S. Anna In duomo il saluto a Morandi, poi la benedizione della città
MODENA. «Apriamo la porta santa del cuore». Sono parole di amore, di redenzione, di speranza quelle pronunciate dal vescovo nel carcere di Sant’Anna.
«Le vere gabbie - ha sottolineato don Erio ai detenuti - sono quelle del cuore: questo è il carcere più pesante. Ci sono persone esteriormente libere, ma prigioniere nelle sbarre del proprio egoismo; la libertà più importante è invece quella del cuore, possibile anche quando quella materiale è limitata».
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Ieri è iniziato il Giubileo della Misericordia. E a Modena la Porta Santa si aprirà domenica alle 17 in duomo. «Il Signore ci chiede di credere nella possibilità di riscatto - ha ripreso don Erio - e di essere amati, di crescere attraverso le esperienze più dure, di tenere aperto il cuore con le possibilità che abbiamo: per voi qualche sorriso in più, parole buone con gli altri, la condivisione dei momenti formativi. Il Signore ci aiuti a buttare giù le sbarre interiori che ci tengono imprigionato l'animo».
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Il ricordo dell’Immacolata Concezione della Madonna è un invito a scegliere il bene.
«Maria rischiava ben di più del carcere - ha ricordato il vescovo, che tornerà al Sant’Anna per la messa di Natale - perché era promessa sposa: se si fosse saputo che era incinta, non del fidanzato, rischiava la morte e lo sapeva bene».
«In questa comunità di peccatori - ha riconosciuto una persona detenuta - ci è data la possibilità di infiniti passaggi attraverso porte sante. Ogni cosa umana può diventare figura del Divino se docilmente ci rendiamo disponibili a farci guidare dal nostro Padre».
Un concetto ribadito più tardi, in duomo, da don Giacomo Morandi. L’ex vicario generale ha salutato Modena per andare in Vaticano. A Roma sarà sottosegretario alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Nel luogo che lo ha visto crescere, don Giacomo ha ricordato alcune tappe, dal battesimo alla vigilia della partenza.
«Non potevo dire al Papa che ero un parroco felice - ha affermato - tuttavia Maria Vergine insegna a non rassegnarsi alla Volontà di Dio, ma a desiderare che si compia, anche attraverso di noi. Bisogna essere pronti a fare le valigie e obbedire».
Don Giacomo ha ricordato don Antonio Lanfranchi. «Ho condiviso con lui situazioni certo non facili, ma anche piacevoli. Come quando, in piacentino, mi ricordava di non essere testone».
Al successore, don Erio, un grazie per la vicinanza dopo la morte del fratello Emanuele e il sostegno nella scelta.
Il vescovo ha ricordato la trattativa diplomatica con il cardinale Pietro Parolin, sottosegretario di Stato in Vaticano.
«Più facevo presente le doti di don Giacomo - ha ripreso don Erio - più l’interlocutore ripeteva “lei dunque conferma che il Santo Padre ha scelto bene”. Caro don Giacomo, ti abbiamo dovuto consegnare».
Il partente ha ricevuto un crocifisso dal vescovo, due valigie dalla curia e una copia della Bonissima dal sindaco Gian Carlo Muzzarelli.
Don Giacomo ha assicurato che porterà con sé «tanti volti amati». Da lui un invito a tracciare le «tappe della benedizione» nella vita di ognuno per riconoscere i segni della Misericordia divina. Un dono richiesto anche dal vescovo nella prima benedizione in piazza Grande.
Un messaggio semplice con cui don Erio ha chiesto a Dio «per intercessione della Beata Vergine Maria» tranquillità e pace. Il momento è stato preceduto da una fiaccolata e da fiori deposti dai vigili del fuoco sulla statua della Madonna in municipio. Prima di lasciare piazza Grande, don Erio s’è fermato a salutare alcuni bambini.
Anche questo è un piccolo segno di pace.