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Il nuovo vescovo di Modena Don Erio Castellucci

L'arcivescovo Castellucci: «Modena non si rassegna, mi piace»

di Luca Beltrami
L'arcivescovo Castellucci: «Modena non si rassegna, mi piace»

Monsignor Erio Castellucci nell'intervista alla Gazzetta di Modena spiega che cosa deve essere Misericordia per i modenesi, il significato dell'Anno Santo e la predicazione e l'impegno di Papa Francesco. «Sto tanto tra le persone - dice - per scoprire a fondo questa realtà: siete gente costruttiva che non mi risparmia le critiche»

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MODENA. «La misericordia è lo stile che ci deve caratterizzare e significa sintonizzarsi con le necessità degli altri». Con queste parole don Erio Castellucci, vescovo di Modena-Nonantola, spiega ruolo e significato del tema del Giubileo indetto da papa Francesco, nel corso della presentazione degli appuntamenti diocesani per l’Anno Santo. Durante l’incontro con la stampa, il primo dall’ingresso dello scorso 13 settembre, l’arcivescovo ha toccato diversi temi, riguardanti la diocesi, la città, la società, spaziando da Giorgio Gaber a papa Francesco.

CHE COSA SIGNIFICA MISERICORDIA. «Il papa – ha spiegato don Erio – ha voluto riprendere una prospettiva che non è molto diffusa nel nostro modo di rapportarci. Misericordia significa accompagnare la persona da una situazione verso una nuova di maggiore benessere. Di solito ragioniamo per categorie, povero e ricco, bianco e nero, giovane e vecchio. Misericordia è vedere la persona oltre l'aggettivo. Nei confronti di una persona povera significa accompagnarla per raggiungere una situazione di sussistenza degna. Attraverso le Caritas e le parrocchie la chiesa cerca di mettere in pratica opere di misericordia. Per quanto riguarda le famiglie, la misericordia si declina nell’accompagnamento dei ragazzi in percorsi di affettività, dei fidanzati al matrimonio, delle coppie divise verso l’accoglienza. Anche in questo caso, pur con difetti e lentezze, cerchiamo di avere una pastorale familiare che sia vicino alle famiglie disagiate».

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DA PARROCO FELICE A VESCOVO IMPEGNATO. Il vescovo di Modena-Nonantola ha poi fatto un bilancio dei suoi primi mesi a Modena, partendo dall’ormai celebre frase detta a papa Francesco (“Santità, ero un parroco felice”): «Ora mi definirei vescovo impegnato. Sto cercando, un po' per scelta un po' per necessità, di vedere molte persone, di visitare le parrocchie e altre realtà. Per ora sono quasi sempre in vetrina e poco in magazzino, ma per pensare bisogna ritirarsi ogni tanto. Dopo l’Epifania spero di avere più tempo per questo. Sono molto contento di questi primi mesi in diocesi, ho apprezzato soprattutto il carattere costruttivo delle persone che ho incontrato. Non ho trovato la tendenza alla rassegnazione. Ci sono state discussioni e ho ricevuto lettere molto critiche, ad esempio sul mio modo di vestire. Non è un male: le polarità possono rendere più vivace il confronto. Questa situazione è un po’ come la canzone Destra-Sinistra di Gaber, un aspetto che dà vivacità alla diocesi e tiene lontano il rischio della rassegnazione. Preferisco così piuttosto che la calma piatta. Modena deve però imparare ad accettare di più la diversità, che non è un attentato alla propria identità, ma un modo per dialogare e crescere».

IL GIUBILEO? E' UN'OPPORTUNITA'.  E sul Giubileo aggiunge: «Penso sia un’opportunità. La risposta più adeguata a chi cerca di seminare il terrore è mantenere i nervi saldi, non fare il loro gioco riducendo le iniziative, ma mantenendo una quotidiana fedeltà a quello che facciamo. È una sfida educativa, che deve partire dai bambini e dai ragazzi: servono percorsi educativi che abituino al dialogo con l'altro, al confronto sereno e non violento. I bambini si integrano bene e questa è la vera risposta. Se attaccati ci difenderemo, ma mostrare i muscoli fa il gioco di chi vuole spaventare».

"PAPA FRANCESCO E' SEMPRE PIU' AVANTI DEGLI ALTRI" Sul pontefice don Erio afferma: «Papa Francesco è sempre qualche passo più avanti e seguirlo significa verificare la nostra capacità di accoglienza. Sta aprendo brecce dove molti si erano chiusi. La leadership e il carisma del papa sono un traino importante, ma non deve trovare porte chiuse. Ad esempio il nostro anno della misericordia sarà un triennio, che inizia con una riflessione che coinvolgerà diversi punti, dall’allargamento della corresponsabilità laicale al censimento di beni immobili e strutture diocesane per migliorarne l’utilizzo, passando per una riorganizzazione della curia diocesana. L’anno prossimo ci concentreremo sulla misericordia in famiglia e il terzo anno nelle comunità cristiane, con la ripresa delle visite pastorali». Un’ultima battuta sul tema gender: «Penso che in una società pluralista si possa e si debba parlare di tutto. Per noi cristiani questo va fatto con lo stile del Vangelo. Rimango perplesso quando si affrontano questi temi con aggressività, bisogna motivare e ragionare. Nello specifico, credo debbano essere i laici a studiare e prendere posizione, senza arroganza, pregiudizi e timori».