«Furono anni unici di grande crescita e non solo musicale»
In piazza Grande risuoneranno anche le note di “Deborah” cantata da Fausto Leali. «Visto il tema di quest'anno Deborah è una delle canzoni simbolo ma poi ho fatto altri brani dedicati alle donne...
In piazza Grande risuoneranno anche le note di “Deborah” cantata da Fausto Leali.
«Visto il tema di quest'anno Deborah è una delle canzoni simbolo ma poi ho fatto altri brani dedicati alle donne – racconta Leali – Ma cantare anche l'amore per una donna ha la sua valenza. Poi con una donna, Anna Oxa, ho vinto un festival di Sanremo».
Nel periodo beat eri ventenne. Come è stato quel periodo?
«Stupendo. A parte i vent'anni erano anni straordinari per tutto quello che succedeva. Una crescita , non solo musicale, che dava speranza a tante famiglie. Con A chi vendevo quindicimila dischi al giorno, invece oggi con la stessa cifra ti danno un disco di platino. Negli anni '60 una casa discografica faceva vivere tante famiglie. La CGD di Caterina Caselli aveva più di 400 persone solo per stampare i dischi mentre altri 300 erano dentro agli uffici. Adesso in quella strada c'è l'erba alta. E' cambiato proprio tutto».
Si guardava agli artisti inglesi e americani, tanto che il tuo primo disco lo hai inciso col nome di Fausto Denis.
«Il mio primo impresario che mi ha conosciuto a 16 anni mi disse: il nome Fausto Leali non può andare è troppo semplice, io f arei Fausto Denis. Il ridicolo è che con il mio nome sono arrivato al successo».
C'è nostalgia ?
«Ci si pensa con un pizzico di rimpianto. Ma non era solo la musica che andava bene, era tutta la società che guardava avanti».
Poi è arrivato il soul.
«Il primo brano in assoluto di r&b in Italia è stato Deborah nel 1968 al festival di Sanremo dove ho cantato con Wilson Pickett».
Oggi sono i talent a primeggiare.
«Non è che li seguo molto. Ogni tanto mi capita di vedere qualcosa e debbo dire che c'è qualche personaggio interessante. Alcuni muoiono appena si illuminano altri vanno avanti. Ci vuole la forza per durare negli anni. Non per mancanza di talento ma sono tanti ed è impossibile seguirli tutti».
Di recente hai scritto con Massimo Poggini un libro autobiografico per i 50 anni di carriera.
«E' stata una bella esperienza perché ho avuto l'opportunità di raccontare alcuni passaggi della mia vita, ma soprattutto è impostato sulla mia carriera di cantante. Credo che dopo cinquant'anni di lavoro lasciare una traccia è sempre positivo». (nic.cal.)