«Strada pericolosa, me l’hanno ucciso»
Il papà del bimbo di Massa travolto da un’auto: «Da anni chiedevamo un velox, ci hanno fatto solo promesse»
FINALE. Said Reguiai è seduto su una sedia in giardino, la moglie Carmela Sisci invece è in casa. Intorno a loro ci sono parenti e amici che si stringono per cercare di alleviare il dolore per la morte del piccolo Zakaria, 11 anni. Ma pochi metri più in là, su via per Modena Ovest - la strada che da Massa porta a Rivara - auto e camion continuano a sfrecciare. C’è il limite dei 70 orari, ma in tanti viaggiano a velocità ben maggiori, incuranti dei rischi e di una sede stradale stretta ed implacabile.
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Said, 46 anni, non riesce ancora a piangere la morte del figlio maggiore. Vive il lutto con dignità e compostezza, ma la rabbia è un sentimento implacabile. «Per anni ho segnalato, insieme a tante altre persone che vivono qui intorno il pericolo di questa strada - accusa - Ma loro (si rivolge ai politici, ndr) sanno solo costruire edifici nuovi, usare i soldi del terremoto, ma senza pensare alle persone che vivono qui. Auguro che possano passare ciò che sta attraversando la mia famiglia».
Gli occhi si gonfiano di lacrime e la voce si strozza in gola appena il papà ripensa al suo bimbo. «Era meraviglioso, buono e bravo. Ero orgoglioso di lui. Spero che Dio mi dia la forza per andare avanti, non so che farò in futuro. Guardate - dice indicando la strada - vi sembra possibile che non ci sia un lampione d’illuminazione per una strada così pericolosa? Volevamo un velox per ridurre le velocità, ce lo hanno promesso poi si sono rimpallati le responsabilità: Comune e Provincia. E io ora sono qui senza più mio figlio».
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Zakaria era uscito di casa per fare una pedalata lungo la ciclabile che costeggia il canale, dall’altra parte della strada. «Stava tornando per cena - prosegue Said - ma per andare e rientrare dalla pista per le biciclette dobbiamo rischiare ogni giorno. Questo è un borgo di case, non siamo in campagna, di alternative per pedalare in sicurezza ce ne sarebbero, magari realizzando un ponticello di attraversamento del canale, magari con una pista di collegamento. E invece niente di niente, solo promesse mai mantenute».
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Nel giardino di via per Modena Ovest si alternano gli amici, quelli dell’associazione “Salam”, che Said aveva contribuito a fondare per sostenere attivamente l’integrazione, mentre da Finale arrivano i ragazzi di “Nuova Italia” e “Annabaoui”.
Ma la rabbia per quella strada maledetta si respira in tutta la borgata. «Spiace dirlo - dice Rita Poletti - ma ci voleva una morte così drammatica per riaprire la discussione sull’autovelox. Non viviamo in sicurezza, non c’è un passo che non sia stato rifatto: ogni anno ci sono decine di incidenti e nessuno fa nulla».
Mentre la vicina di casa della famiglia Reguiai denuncia, a ridosso del guardrail ci sono gli operai della Provincia che tagliano le piante del fossato. «Vengono oggi? - si domandano i massesi - Sembra quasi fatto apposta. Fino a ieri c’erano arbusti ed erbacce altissime che coprivano la visuale della semicurva. Questa non è prevenzione...».
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«Gli incidenti non si contano più - aggiunge Antonella Ferraresi - Ci occupiamo del diserbo del fosso che corre a ridosso della carreggiata per evitare di rendere ancora più pericolosa l’uscita dai nostri passi di casa. Ma continuiamo a parlare di stragi della strada senza fare nulla per contrastarle».
E mentre Antonella smette di parlare ecco l’ennesima auto che sfreccia: andrà oltre i 100 orari e appena arriva a ridosso di quella che la precede decide di chiedere spazio con uno strombazzante clacson. Ecco la normalità su questa strada dove si muore, ma ci si dimentica troppo in fretta.