Gazzetta di Modena

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Don Sergio: «La mia vita tra Crocetta e Formula 1»

di Saverio Cioce
Don Sergio: «La mia vita tra Crocetta e Formula 1»

A breve sostituito da don Notari, ma resterà nella sua stanza accanto alla chiesa «Grazie a piloti e benefattori ho costruito l’asilo e la casa per gli anziani»

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«Più che alla cura d’anime si è dedicato a quella dei motori da Formula Uno. E degli uomini che ne facevano parte, da Enzo Ferrari ai piloti, sino ai meccanici e alle loro famiglie».

Basterebbe questa immagine di un vecchio ferrarista per descrivere don Sergio Mantovani, 88 anni, parroco di Santa Caterina che tra qualche settimana verrà sostituito da don Paolo Notari, 64 anni, fino a oggi parroco a Nonantola.

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Un record lo ha raggiunto di sicuro don Sergio. A differenza dei suoi fedeli a 300 all’ora, lui può a giusta ragione dire di essere stato il presule modenese con la più lunga permanenza nell’incarico di pastore d’anime. Mentre per gli altri sacerdoti vale la regola dell’avvidendamento, di norma un decennio salvo casi particolari, lui è rimasto sempre al suo posto. Il suo quartiere era abitato da operai e lui era cappellano del lavoro, è sempre stato benvoluto e poi non ha mai perso una confessione, un matrimonio, cresima o battesimo. Ma al tempo stesso il fatto di avere un filo diretto con Enzo Ferrari e il mondo delle corse lo ha reso popolare e indispensabile anche sulle piste, che di fatto sono diventate la sua seconda parrocchia.

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Originario di Formigine, dove suo padre commerciava in granaglie, ordinato sacerdote nel 1953, arrivò in Santa Caterina nel 1959, con l’incarico - di fatto - di vice parroco, per affiancare don Aristide Pedrazzi. E il 7 marzo 1967 fu insediato come parroco dal vescovo. In tutto 61 anni, un’enormità se si pensa che in questi anni si sono avvicendati sette papi, sette sindaci e cinque vescovi. Con l’ultimo, mons. Antonio Lanfranchi, è legato da un’amicizia fraterna, testimoniata dalla lettera affettuosa con cui si comunica l’avvicendamento nell’incarico.

Don Mantovani, come si sente adesso che deve passare la mano al suo successore?

«Sapete come vanno queste cose - dice sorridendo dietro le lenti spesse - Io avevo chiesto di essere esonerato quando compii 75 anni, che è l’età della pensione per noi preti. Ma monsignor Quadri mi chiese di restare al mio posto e io ho obbedito. Ma adesso che sono arrivato all’età di 88 anni è ora che mi faccia da parte. In questi anni ho avuto al mio fianco quattro coadiutori; sono stati tutti molto in gamba. Anche in questo sono stato fortunato, qui i giovani sono sempre stati attivi, anche i semplici fedeli».

A giudicare dai muri delle opere parrocchiali sembra proprio che gli aiuti non siano mai mancati. Ci sono cubature gigantesche, moderne a fianco della chiesa

«Vogliamo tirar fuori di nuovo la storia di “don ruspa”? Lo sa che mi hanno appiccicato quel nome quando ho fatto demolire la vecchia chiesa? Mi hanno bloccato e oggi è rimasta la testimonianza del campanile. Ma la notizia della mia condanna ha fatto il giro del mondo, ne ha scritto anche il New York Times».

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Un parroco che demolisce la sua chiesa vecchia di tre secoli e senza autorizzazione finisce è una notizia a priori

«Ma che dovevo fare? Cadeva a pezzi, già da quando arrivai c’erano i topi che passeggiavano sul soffitto della mia camera in canonica. Comunque è storia passata. Mi resta il dispiacere ma anche il conforto di tante, tantissime persone che mi sono state vicine. Fui condannato a 10 mesi e 10 giorni di reclusione oltre a 30 milioni di risarcimento con pena sospesa. Quando Enzo Ferrari seppe della cosa mi telefono per assicurarmi che se fossi andato in galera mi avrebbe mandato colazione, pranzo e cena a domicilio ma con un autista alla guida di una macchina del Cavallino».

Le offerte però arrivarono lo stesso

«Certo. Lo stesso Ferrari mi mandò due milioni di lire quando vide quanto avevamo fatto con i primi soldi. Mi portò anche i contributi raccolti in tutta la fabbrica di Maranello. E sono arrivati negli anni le offerte di tanti piloti, ingegneri, capi d’azienda. Io ho ascoltato sempre tutti, senza distinzioni. Ho fatto il prete. E le opere di carità le ho trasformate in strutture, dove le sale sono dedicate a loro. Oggi ospitiamo 78 anziani nella “Casa della Gioia e del Sole”, più di 100 bimbi alla materna, più altre attività che vanno dalla palestra e alla sala polivalente».

Come è nata l’amicizia con il Drake?

«Era un mio parrocchiano, come la sua famiglia. Qui in S.Caterina, anche se non ero parroco, è stato battezzato e si è sposato. Qui vicino c’era l’officina. Ci siamo sempre parlati e stimati, al di là di opinioni talvolta discordanti e a qualche malinteso. Ma il rispetto è sempre stato reciproco, forte».

E con la Formula 1, Ecclestone?

«Ho cominciato ad andare sulle piste con il bracciale della Foca, questo il nome dell’organizzazione dei Gp, in cui c’era scritto che ero il cappellano dei piloti. Bernie Ecclestone è diventato padrone degli affari della F1 da molti anni e pretendeva di dettar legge anche a me, mandandomi fuori dalla pista. Me lo disse di persona più volte, ma tutti si mossero per lasciarmi girare liberamente. Io faccio il parroco, non il pilota».