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«Mio figlio in Ciad, tornerà a fine mese»

«Mio figlio in Ciad, tornerà a fine mese»

Il diacono di S. Faustino: «Lui e il suo amico avevano la malaria da qualche giorno, meglio aspettare»

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«Nessun problema, sono tranquillo così come lo è Emanuele. Adesso è là, con il suo amico, entrambi con la malaria. Ancora qualche giorno, penso verso la fine del mese, e poi farà rientro. È in buone mani, con i padri comboniani della missione. Dovrebbe già essere con loro in città, ad Abéché, un posto sicuro, è sotto controllo. Poteva capitare ed è capitato. Nulla di grave».

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Paolo Barani, diacono di San Faustino, è nella sagrestia della parrocchia assieme a don Alberto, la messa delle 11.30 è appena finta e i fedeli vociano e si salutano sul sagrato. Qualcuno parla dell’Africa, del viaggio dei ragazzi della parrocchia in Ciad e dell’epilogo eclatante che ha avuto il rientro di una del gruppo, una ragazza, «non della nostra parrocchia» dicono, che è stata sfortunata a finire in quarantena. «Mio figlio 19enne - spiega il diacono- non si trovava su quell’aereo assieme ad Elisa e ad altri sei o sette ragazzi del gruppo che stavano rientrando semplicemente perchè lui e il suo amico hanno avito la malaria prima. Si erano ammalati qualche giorno prima della, partenza e per questo sono rimasti ad Abéché. Tutto risale alla settimana scorsa: Emanuele ed il suo amico coetaneo hanno avuto i sintomi, la febbre alta e allora sono stati subito curati».

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«Da quel che mi risulta - prosegue il papà di Emanuele - è stato ricoverato uno o due giorni in ospedale, ma poi ha fatto subito rientro in missione. Uso il condizionale perché ci sentiamo al telefono ma ci sono delle difficoltà, a volte la linea non prende oppure la voce si sente male. Mi chiama lui, quando ci riesce, utilizzando le schede telefoniche locali che costano molto poco. Comunque sia, non sto a preoccuparmi più di tanto». D’altra parte i missionari “convivono” con questo tipo di infortuni, è tutto sommato facile, in una zona dove è così diffusa, farsi pungere da una zanzara infetta. Le missioni in Africa costituiscono fortunatamente delle specie di isole, dove cibo, acqua e ambienti sono sani, lontani e difesi dall’ “inferno” circostante. Quando si può contare sull’aiuto di una missione, come in questo caso in cui i ragazzi erano proprio ospiti dei Comboniani, allora vi sono tutte le garanzie, si è già al top di ciò che si può trovare in loco. «Mio figlio così come tutti gli altri ragazzi, poco più di una decina - spiega il diacono - si erano a lungo preparati per questa esperienza di vacanza umanitaria in Ciad. Avevano fatto gli incontri specifici, si tratta di una esperienza importante. E tutti avevano fatto, ognuno seguendo le istruzioni generali e i propri medici, le vaccinazioni e le varie profilassi. So che Emanuele aveva fatto la vaccinazione contro la febbre gialla, anche perchè senza di quella non sarebbe potuto partire, poi anche altre vaccinazioni, punture varie, medicinali. Quanto alla malaria aveva seguito una profilassi, con i farmaci. Ora non mi ricordo cosa avesse preso, ma l’aveva seguita regolarmente. Ma i farmaci non coprono da tutto il rischio ed evidentemente anche le precauzioni in loco non sono state sufficienti. Ma niente paura, anche la malaria passerà».